Il 14 ottobre i sostenitori dell’ex presidente Evo Morales (2006-2019), che temono un suo arresto per il presunto stupro di una minorenne nel 2015, hanno bloccato alcune strade e si sono impegnati a portare avanti la protesta a oltranza, nonostante gli scontri con la polizia.

“Oggi, domani e nei prossimi giorni il paese resterà bloccato”, ha dichiarato alla stampa Ponciano Santos, segretario della Confederazione sindacale unica dei lavoratori contadini della Bolivia (Csutcb).

A partire dall’alba la circolazione è rimasta interrotta sulle strade che collegano il dipartimento di Cochabamba (centro), roccaforte di Morales, a Santa Cruz (est), la capitale economica del paese, e al dipartimento di Chuquisaca (sudest), secondo l’Amministrazione boliviana delle autostrade (Abc).

Sono scoppiati scontri con le forze di sicurezza, che hanno sparato gas lacrimogeni, e almeno sei persone sono state arrestate, ha affermato la polizia.

Il “Patto di unità”, una coalizione di organizzazioni vicine a Morales, ha affermato che l’obiettivo della mobilitazione è “difendere la libertà” dell’ex presidente.

Morales, 64 anni, non aveva risposto il 10 ottobre a una convocazione del procuratore del dipartimento di Tarija (sud), legata a un’inchiesta per “stupro e traffico di esseri umani”, che potrebbe portare all’emissione di un mandato d’arresto nei suoi confronti.

Durante il suo terzo mandato, Morales avrebbe avuto una relazione con una ragazza di 15 anni, con la quale avrebbe avuto anche una figlia.

Gli avvocati dell’ex presidente, il primo indigeno a governare la Bolivia, sostengono che il caso sia già stato esaminato e archiviato nel 2020.

Morales sostiene di essere vittima di una “persecuzione” orchestrata dall’attuale presidente Luis Arce, un ex alleato con il quale è ai ferri corti per ottenere la candidatura del Movimento per il socialismo (Mas, sinistra) per le presidenziali del 2025.

Morales, sostenuto da una parte del Mas, punta infatti a candidarsi ignorando un divieto della giustizia.

Il mese scorso l’ex presidente aveva guidato una “marcia per salvare la Bolivia” di 190 chilometri dagli altipiani alla capitale La Paz per protestare contro la crisi economica e la corruzione del governo.

Morales è stato presidente dal 2006 al 2019. Poi, accusato di brogli elettorali, è stato costretto a dimettersi e ha lasciato il paese, prima di tornare per sostenere la candidatura di Arce, suo compagno di partito e suo ex ministro dell’economia.