Il 18 dicembre le Nazioni Unite hanno chiesto “elezioni libere ed eque” in Siria dopo la fase di transizione seguita alla caduta del regime di Bashar al Assad, e “aiuti umanitari immediati” per il paese, devastato da più di tredici anni di guerra civile.

Nel corso di una conferenza stampa a Damasco, l’inviato speciale delle Nazioni Unite Geir Pedersen ha anche auspicato una “soluzione politica” con le forze curde che controllano alcune aree nel nord e nel nordest della Siria.

Dopo aver assunto il controlo di Damasco l’8 dicembre, la coalizione ribelle guidata dal gruppo islamista radicale Hayat tahrir al Sham (Hts) ha istituito un governo di transizione fino al 1 marzo, che sta cercando di rassicurare la popolazione sulla sua capacità di far rinascere e riunire il paese.

Il 17 dicembre il capo militare di Hts, Murhaf Abu Qasra, conosciuto anche con il nome di battaglia Abu Hassan al Hamwi, ha dichiarato all’Afp che “il prossimo passo è sciogliere i gruppi armati”, compreso il suo, e integrare i combattenti nell’esercito.

Qasra ha affermato che il nuovo governo vuole estendere la sua autorità sulle aree controllate da un’amministrazione curda semiautonoma.

Infine, ha invitato le Nazioni Unite, gli Stati Uniti e altri paesi a rimuovere Hts dalle loro liste delle organizzazioni terroristiche.

Dall’inizio della settimana varie missioni diplomatiche straniere – tra cui quelle di Regno Unito, Germania e Francia – hanno incontrato le nuove autorità a Damasco, ribadendo la necessità di rispettare i diritti di tutti in un paese multietnico e multiconfessionale.

Molti governi temono un rafforzamento del gruppo jihadista Stato islamico, che non è mai stato del tutto debellato in Siria e contro il quale Washington sostiene le Forze democratiche siriane (Fds), guidate dai curdi.

Pedersen ha auspicato una “soluzione politica con i curdi”, definendo la questione “una delle sfide principali del nuovo governo”.

Intanto, Washington ha annunciato l’estensione al 22 dicembre di un cessate il fuoco firmato la settimana scorsa dalle Fds e dai ribelli filoturchi presenti nel nord e nel nordovest del paese.

Sostenitrice del nuovo governo, la Turchia sostiene che le Fds siano un’emanazione del suo nemico storico, il Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk).

Secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani, il capo delle Fds, Mazlum Abdi, ha proposto la creazione di una zona demilitarizzata a Kobane, minacciata dai ribelli filoturchi.

In un gesto di buona volontà, l’amministrazione curda ha adottato la nuova bandiera siriana, ma rimane il timore di perdere la parziale autonomia faticosamente conquistata.