Dopo un processo di più di tre mesi che ha sconvolto la Francia, il 19 dicembre il tribunale di Avignone ha condannato Dominique Pelicot alla pena massima di vent’anni per stupro aggravato. L’uomo aveva organizzato lo stupro di gruppo dell’ex moglie Gisèle Pelicot con decine di sconosciuti reclutati online.

Dominique Pelicot, 72 anni, ha ammesso di aver dato degli stupefacenti a Gisèle Pelicot per quasi dieci anni, così da poterla violentare con altri uomini.

Gisèle Pelicot, 72 anni, è diventata un simbolo delle battaglie femministe contro la cultura dello stupro e la violenza di genere, e per aver rifiutato il processo a porte chiuse, affrontando i suoi aggressori in tribunale. “La vergogna deve cambiare lato”, ha detto Pelicot per spiegare la sua decisione di mostrarsi alla stampa.

Oltre all’ex marito sono stati processati altri cinquanta uomini di età compresa tra i 27 e i 74 anni, tra cui uno che non ha abusato di lei, ma ha violentato la moglie con l’aiuto di Dominique Pelicot.

Il 25 novembre i pubblici ministeri avevano chiesto il massimo della pena per Dominique Pelicot. E dai dieci ai diciotto anni per gli altri 49 imputati, accusati anche loro di stupro aggravato. Uno degli uomini è in fuga ed è stato processato in contumacia.

Trentadue degli accusati partecipano al processo da uomini liberi, mentre per gli altri, tra cui Dominique Pelicot, è stata disposta la custodia cautelare.

Il 19 dicembre Gisèle Pelicot è arrivata in tribunale sorridente, tra gli applausi di una folla di sostenitori e sostenitrici che la aspettavano fuori e che hanno scandito il suo nome e slogan come “Giustizia per Gisèle” e “La vergogna ha cambiato lato”.

“Lo stupro colpisce le donne di tutto il mondo, per questo tutto il mondo ha gli occhi puntati su quello che sta per succedere”, ha detto Ghislaine Sainte Catherine, del collettivo femminista Amazzoni di Avignone.

Le immagini di Gisèle Pelicot hanno dominato le prime pagine dei principali giornali francesi il 19 dicembre. “Un verdetto per il futuro”, ha scritto il quotidiano Libération. “Merci madame”, ha scritto L’Humanité.