Il 20 gennaio un tribunale indiano ha condannato all’ergastolo l’autore dello stupro e dell’omicidio di una dottoressa tirocinante a Calcutta nell’agosto scorso, un crimine che aveva suscitato un’ondata d’indignazione nel paese contro la piaga delle violenze sulle donne.

I genitori della vittima, che avevano chiesto una condanna a morte tramite impiccagione, si sono detti “scioccati” dalla sentenza.

Il giudice Anirban Das ha decretato l’ergastolo per Sanjoy Roy, 33 anni, un volontario dell’ospedale di Calcutta dove il 9 agosto era stato scoperto il corpo della dottoressa, che aveva 31 anni.

Arrestato il giorno dopo l’omicidio, Roy si è sempre proclamato innocente, sostenendo di essere stato “incastrato”.

La sua avvocata, Kabita Sarkar, ha annunciato ricorso in appello, affermando che il suo cliente ha “problemi mentali”.

La dottoressa era stata trovata nella sala conferenze dell’ospedale, dove probabilmente era andata per riposare durante un turno di 36 ore.

Dopo lo stupro e l’omicidio della dottoressa le associazioni dei medici degli ospedali pubblici indiani avevano indetto manifestazioni e scioperi che avevano portato alla sospensione delle cure non essenziali in molte città.

La corte suprema aveva ordinato la creazione di un gruppo di lavoro per rafforzare la sicurezza del personale medico negli ospedali e nelle strutture sanitarie.

L’episodio aveva riportato alla memoria lo stupro di gruppo e l’omicidio di una giovane donna su un autobus a New Delhi nel 2012, che aveva causato un’ondata di proteste nel paese.

I quattro uomini riconosciuti colpevoli del crimine erano stati messi a morte tramite impiccagione nel marzo 2020.

Le violenze contro le donne sono molto diffuse in India, con una media di quasi novanta stupri al giorno denunciati nel 2022.