Il 17 marzo un tribunale georgiano ha condannato ad altri quattro anni e mezzo di prigione l’oppositore ed ex presidente Mikheil Saakashvili, incarcerato dal 2021, portando così la pena totale a dodici anni e mezzo.

Saakashvili, 57 anni, era stato arrestato nel 2021 appena rientrato nel paese dopo aver trascorso alcuni anni all’estero, in particolare in Ucraina, dove aveva ottenuto la cittadinanza e ricoperto cariche ufficiali.

Alla guida della Georgia tra il 2004 e il 2013, Saakashvili era già stato condannato in contumacia nel 2018 a sei anni di prigione per abuso di potere, e la settimana scorsa a nove anni per appropriazione indebita.

Il 17 marzo è stato condannato a quattro anni e mezzo di prigione “per aver attraversato illegalmente la frontiera georgiana nel 2021”, ha dichiarato all’Afp il suo avvocato Dito Sadzaglishvili.

Considerando le precedenti condanne, “Saakashvili dovrà scontare in totale dodici anni e mezzo di prigione”, ha affermato il giudice Mikheil Djindjolia.

L’ex presidente e le organizzazioni per i diritti umani considerano i procedimenti legali contro di lui politicamente motivati.

Saakashvili è ricoverato in ospedale a Tbilisi dal 2022, quando aveva osservato per cinquanta giorni uno sciopero della fame.

“Prigioniero politico”

Il parlamento europeo ha chiesto l’immediata liberazione di Saakashvili, mentre il presidente ucraino Volodymyr Zelenskyj si è detto favorevole al suo trasferimento a Kiev.

L’assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa l’ha definito un “prigioniero politico”.

Saakashvili era arrivato al governo in seguito alla cosiddetta “rivoluzione delle rose”, in cui era stata estromessa pacificamente la vecchia élite legata all’epoca sovietica.

Nonostante la detenzione, rimane una figura di spicco dell’opposizione all’attuale governo del partito Sogno georgiano, accusato di deriva autoritaria e di voler rafforzare i legami con Mosca a scapito di una possibile adesione all’Unione europea e alla Nato, obiettivi sanciti nella costituzione georgiana.