Il 10 aprile la corte suprema degli Stati Uniti ha inflitto un duro colpo all’amministrazione Trump, ordinandole di facilitare il ritorno di un migrante espulso per errore verso il Salvador e rinchiuso in una prigione di massima sicurezza.

Kilmar Abrego Garcia, un migrante salvadoregno residente nel Maryland (est) e sposato con una donna statunitense, era stato arrestato il 12 marzo ed espulso tre giorni dopo. Insieme a lui erano stati trasferiti in una prigione di massima sicurezza in Salvador altri ventidue salvadoregni e 238 venezuelani, accusati di far parte di bande criminali.

Il governo statunitense aveva poi riconosciuto che l’espulsione di Abrego Garcia era dovuta a un “errore amministrativo”, dato che un ordine di espulsione nei suoi confronti era stato definitivamente annullato da un tribunale federale nel 2019.

Ma aveva affermato di non poter rimediare all’errore perché l’uomo era stato ormai affidato alle autorità salvadoregne. Aveva inoltre insistito sulla sua appartenenza alla banda criminale Ms-13, che Washington considera un’organizzazione terroristica.

Una giudice federale, Paula Xinis, aveva respinto le argomentazioni del governo, sottolineando che non c’erano prove dell’appartenenza dell’uomo a una banda criminale, e aveva chiesto alle autorità di attivarsi per garantire il suo ritorno negli Stati Uniti entro il 7 aprile.

Il 7 aprile la corte suprema aveva però sospeso la decisione di Xinis fino a nuovo ordine.

“La richiesta di Xinis di far tornare Abrego Garcia entro il 7 aprile, conducendo in fretta e furia delicati negoziati internazionali, è indifendibile”, aveva affermato l’amministrazione Trump nel ricorso, accusando la giudice d’interferire con le prerogative dell’esecutivo.

Gli avvocati di Abrego Garcia avevano invece sottolineato che il loro cliente non era mai stato incriminato in nessun paese, e che “il trasferimento in una prigione di massima sicurezza nel Salvador era dovuto a un errore kafkiano commesso dal governo degli Stati Uniti”.

Il 10 aprile i nove giudici della corte suprema hanno all’unanimità ordinato all’amministrazione Trump di “facilitare” il ritorno di Abrego Garcia negli Stati Uniti, confermando quindi la decisione della giudice Xinis, ma chiedendole di ridefinire i tempi “tenendo conto delle prerogative del potere esecutivo nella conduzione degli affari esteri”.

“Il governo dovrà invece fornire costanti aggiornamenti sulle azioni intraprese per rimediare a questa situazione”, ha affermato la corte.

La segretaria alla sicurezza interna Kristi Noem, che alla fine di marzo aveva visitato la prigione nel Salvador, ha dichiarato il 9 aprile di essere convinta “che tutte le persone espulse dagli Stati Uniti si trovano giustamente lì e dovrebbero rimanerci finché campano”.

Secondo la Casa Bianca, il presidente salvadoregno Nayib Bukele ha accettato di accogliere le persone espulse il 15 marzo in cambio di circa sei milioni di dollari.