Il 16 marzo gli Stati Uniti hanno espulso più di duecento presunti criminali accusati di appartenere al gruppo venezuelano Tren de Aragua e 23 affiliati della banda salvadoregna Mara salvatrucha (Ms13), tra cui due capi dell’organizzazione. I detenuti sono atterrati nel Salvador e sono subito stati trasportati nel Centro de confinamiento del terrorismo (Cecot), il megacarcere inaugurato a gennaio del 2023 dal presidente populista Nayib Bukele.
Il trasferimento fa parte di un accordo bilaterale firmato tra il paese centroamericano e gli Stati Uniti e che è stato reso noto a febbraio, dopo la visita del segretario di stato statunitense Marco Rubio in America Centrale. Dell’accordo non si conoscono molti dettagli, l’unica informazione pubblica è che Bukele ha accettato di trasformare il Cecot in un’estensione del sistema carcerario statunitense in cambio del pagamento da parte di Washington di ventimila dollari all’anno per ciascun detenuto.
Il governo del Salvador, che ha il tasso di popolazione carceraria più alto del mondo, ha accettato di accogliere nelle sue prigioni criminali di qualsiasi nazionalità detenuti negli Stati Uniti. In un articolo uscito subito dopo l’annuncio dell’accordo bilaterale, il giornale salvadoregno online El Faro ha sottolineato che da quando è in vigore lo stato d’emergenza, decretato da Bukele alla fine di marzo del 2022 per combattere la violenza delle bande criminali, le carceri del paese sono luoghi ancora più sovraffollati, senza nessuna supervisione indipendente, dove si praticano torture sistematiche e le persone muoiono anche a causa della mancanza di assistenza medica.
In un video pubblicato dal leader salvadoregno sui social network il 16 marzo si vedono decine di uomini con le manette alle caviglie e ai polsi scortati fuori dall’aereo da agenti armati. Alcuni vengono introdotti su veicoli blindati, mentre altri, curvi e con le mani dei poliziotti sulla testa, sono obbligati a salire sugli autobus. Poi alcune riprese dall’alto mostrano una lunga fila di camionette militari dirette verso il carcere di massima sicurezza a Tecoluca, circa settanta chilometri a sud della capitale San Salvador. Lì i detenuti vengono fatti inginocchiare, rasati e poi vestiti con le uniformi bianche dei prigionieri. Bukele ha reso noto che resteranno nel Cecot per un anno, poi non si sa cosa succederà.
Per poter inviare i detenuti nel Salvador, l’amministrazione Trump ha invocato l’Alien enemies act, una legge del 1798 usata solo tre volte nella storia statunitense, l’ultima durante la seconda guerra mondiale. La norma conferisce ai presidenti l’autorità di ordinare la detenzione e l’espulsione dei cittadini di quei paesi con cui gli Stati Uniti sono in guerra. Durante l’ultimo conflitto mondiale la legge fu usata per permettere l’arresto di cittadini tedeschi, italiani ma soprattutto giapponesi che vivevano nel paese.
Trump, per giustificare il ricorso alla norma, il 15 marzo ha emanato un decreto in cui si dichiara che l’organizzazione criminale Tren de Aragua sta minacciando un attacco o un’incursione contro gli Stati Uniti. E per far fronte a questa minaccia, il leader repubblicano ha ordinato che tutti i venezuelani di almeno 14 anni che vivono negli Stati Uniti e sono affiliati al Tren de Aragua, che non sono residenti permanenti o in possesso della cittadinanza statunitense, vengano arrestati ed espulsi in quanto rappresentano un pericolo per la nazione. Lo stesso giorno il giudice di Washington James Boasberg ha valutato questa dichiarazione insufficiente per applicare l’Alien enemies act e ha ordinato la sospensione delle espulsioni per due settimane, ma l’ordine non è stato rispettato.
Dei 238 venezuelani che viaggiavano sull’aereo atterrato a San Salvador, 137 sono stati espulsi in base alla legge del 1798, mentre 101 semplicemente con l’accusa di essere entrati negli Stati Uniti in maniera irregolare. Questo ha sollevato la preoccupazione di attivisti e associazioni che si occupano di diritti umani, oltre che di molti cittadini in Venezuela. Juan Pappier, vicedirettore per le Americhe di Human rights watch, ha detto al País “che in base al diritto internazionale è vietato trasferire migranti in paesi o contesti dove i loro diritti umani possono essere violati. E a me sembra che il sistema carcerario del Salvador li esponga a questi rischi. Bukele sta trasformando il paese nella versione centroamericana della prigione di Guantanamo”. E per Noah Bullock, direttore dell’ong salvadoregna Cristosal, “siamo davanti a due presidenti che si arrogano la facoltà di decidere chi è un terrorista e chi no, chi ha diritti e chi non li ha”.
Oltre al guadagno economico, accettando di accogliere nelle sue prigioni persone detenute negli Stati Uniti Bukele ottiene almeno tre cose: il favore dell’amministrazione Trump, il riconoscimento internazionale del suo sistema carcerario, pensato per combattere la violenza delle bande criminali, e il silenzio dei capi della Mara salvatrucha, che avrebbero dovuto essere processati negli Stati Uniti e avrebbero potuto rivelare informazioni scomode sui patti e i colloqui segreti tra il governo e le bande criminali.
Questo testo è tratto dalla newsletter Sudamericana.
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