Fra Joe Biden del Partito democratico e Donald Trump del Partito repubblicano è un testa a testa per la presidenza, mentre i democratici conservano il controllo della camera dei rappresentanti. Notizie, grafici e approfondimenti.
Trump chiederà il riconteggio in Wisconsin
In Wisconsin è stato contato il 98 per cento delle schede e Joe Biden avrebbe un vantaggio di circa 20mila voti. Lo staff di Donald Trump ha annunciato che chiederà il riconteggio delle schede. Un candidato può farlo se la distanza che lo separa dallo sfidante è meno dell’1 per cento.
Nel 2016 in Wisconsin Trump aveva battuto Hillary Clinton per meno di 30mila voti. Allora il riconteggio fece guadagnare al candidato repubblicano appena 131 voti.
Il più votato fra i candidati alla presidenza
Joe Biden potrebbe aver ricevuto più voti di qualsiasi altro candidato alla presidenza nella storia degli Stati Uniti. Al momento sarebbero più di 69 milioni. Finora il record nel voto popolare era stato segnato da Barack Obama nel 2008.
In tutto, negli Stati Uniti hanno votato circa 160 milioni di persone, il 67 per cento di chi ne ha diritto, secondo l’US elections project.
È stata eletta un’altra sostenitrice di QAnon
In Colorado la candidata repubblicana Lauren Boebert ha battuto la democratica Diane Mitsch Bush e ha vinto un seggio alla camera dei rappresentanti. È la seconda sostenitrice della teoria del complotto QAnon a essere eletta. L’altra è Marjorie Taylor Green, repubblicana, vincitrice in Georgia.
Republican and QAnon supporter Lauren Boebert wins House election in Colorado %3Ca href=%22https://t.co/uatueSAFL1%22%3Ehttps://t.co/uatueSAFL1%3C/a%3E
— Axios (@axios) ?
Come va in cinque stati in bilico
Negli Stati Uniti l’affluenza ha fatto registrare un dato record: 157 milioni di persone hanno votato, pari al 67 per cento di chi ne ha diritto. È la percentuale più alta dal 1900 a oggi, secondo l’US elections project.
Joe Biden al momento ha conquistato 227 grandi elettori, Donald Trump 213. Per vincere bisogna arrivare a quota 270. Più passa il tempo e più diventano decisivi cinque stati: Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, Georgia e Nevada.
Bandiere, Uber, aborto, droghe: gli altri voti del 3 novembre
Aggiornamenti
Election Day 2020. A cartoon by @kuperart. %3Ca href=%22https://twitter.com/hashtag/NewYorkerCartoons?src=hash&ref_src=twsrc%255Etfw%22%3E#NewYorkerCartoons%3C/a%3E %3Ca href=%22https://t.co/YOhtu7bDjD%22%3Ehttps://t.co/YOhtu7bDjD%3C/a%3E %3Ca href=%22https://t.co/wbuYyjNJ3T%22%3Epic.twitter.com/wbuYyjNJ3T%3C/a%3E
— New Yorker Cartoons (@nycartoons) ?
“Cerca di stare calmo. Tornerò domani con un aggiornamento”. (Kuper, The New Yorker)
È la crisi della democrazia
Il vincitore della sfida per la Casa Bianca non c’è ancora e probabilmente non ci sarà per altre svariate ore. Il risultato è appeso alle sorti di cinque stati (Arizona, Georgia, Michigan, Pennsylvania, Wisconsin) che devono completare il conteggio dei voti. Considerato che in Pennsylvania il voto postale si può contare fino al 6 novembre bisognerà aspettare fino ad allora, a meno che l’esito negli altri quattro stati basti ad assegnare a uno dei due contendenti i 270 seggi del collegio elettorale. Per il momento Joe Biden è in vantaggio sul voto popolare ma Donald Trump ha incassato stati decisivi come la Florida e il Texas: l’auspicata “valanga blu” non c’è stata e anche la conquista del senato si prospetta improbabile per i dem.
La notizia non è il ritardo del risultato, perché si sapeva che l’accesso massiccio al voto postale causa covid avrebbe complicato lo spoglio. La notizia è che in una situazione ancora sommamente incerta il presidente uscente degli Stati Uniti scriva in un tweet e ribadisca in televisione che ha vinto lui con ampio margine, che “qualcuno sta cercando di scipparmi la vittoria” e annunci una guerriglia giudiziaria per rimanere al suo posto. È la consueta strategia di Trump: confondere realtà e finzione, negare i fatti, stracciare le regole. Ma applicata al risultato elettorale, questa strategia logora in radice la base stessa dell’edificio democratico, cioè l’attendibilità e la contabilità del voto. La “crisi epistemica”, cioè l’appannamento del confine fra vero e falso, diventa così immediatamente crisi costituzionale, con esiti non solo istituzionali ma anche sociali imprevedibili in un paese drammaticamente polarizzato come sono diventati sotto la sua presidenza gli Stati Uniti. Che sia stato Twitter – uno di quegli esecrati social networks cui nel senso comune viene attribuita la colpa della diffusione sistematica di fake news – a decidere responsabilmente di cancellare il tweet del presidente in quanto “fuorviante” rispetto al rito elettorale la dice lunga sulla paradossalità della situazione.
Trump, del resto, è riuscito a mantenere e ad accrescere la sua base elettorale malgrado la sua posizione negazionista sul covid, o meglio, grazie ad essa. Tra l’identificazione nel suo superomismo irresponsabile e la promessa fatta da Biden di una gestione più responsabile della pandemia, metà degli americani sceglie la prima opzione. Non sappiamo ancora chi sarà il prossimo inquilino della Casa Bianca, ma sappiamo già quanta voglia di negare la realtà circoli nella disastrata società americana, e non solo lì. Più radicale di così la crisi della democrazia, epistemica e politica, non potrebbe essere.
Cosa sappiamo finora delle presidenziali
Riconferma democratica
“La nostra sorellanza è resiliente”, ha twittato la rappresentante democratica del Minnesota, Ilhan Omar. Lei, Alexandria Ocasio-Cortez di New York, Ayanna Pressley del Massachusetts e Rashida Tlaib del Michigan sono state rielette alla camera dei rappresentanti del congresso. Un successo per questo gruppo di quattro democratiche non bianche (che è stato soprannominato the squad, la squadra), promotrici di un’agenda progressista, ambientalista e antirazzista, che sono state spesso prese di mira dal presidente Trump.
Our sisterhood is resilient. %3Ca href=%22https://t.co/IfLtsvLEdx%22%3Epic.twitter.com/IfLtsvLEdx%3C/a%3E
— Ilhan Omar (@IlhanMN) ?
Manifestanti in piazza a Washington
Nella lunga nottata di conteggio dei voti ci sono stati cortei di protesta e raduni in molte città statunitensi, da Los Angeles a Raleigh, in North Carolina. A Washington Dc i manifestanti contro la rielezione di Donald Trump si sono riuniti a Black lives matter plaza e hanno srotolato un enorme striscione nero contro il presidente. Nonostante l’atmosfera pacifica, ci sono stati degli scontri con la polizia, che ha usato anche le biciclette per fermare i manifestanti. Il video del Guardian.
Molti statunitensi credono ancora in Donald Trump
A prescindere da chi vincerà, le basi del consenso per Trump non spariranno: americani bianchi che si sentono minacciati dalla globalizzazione e ostili a un establishment che Joe Biden incarna alla perfezione. Leggi
Joe Biden e l’Arizona
L’Associated Press attribuisce l’Arizona e i suoi 11 grandi elettori a Joe Biden. Negli ultimi 72 anni questo stato, su cui Biden ha speso molte energie in campagna elettorale, aveva appoggiato solo una volta un candidato democratico. Biden ha vinto anche tre dei quattro grandi elettori del Maine.
Secondo il Guardian, conquistare l’Arizona è stato uno dei risultati più significativi per Biden, insieme al filo da torcere che sta dando a Trump in Georgia.
Intanto Donald Trump ha tenuto un discorso alla Casa Bianca davanti a un gruppo di sostenitori, in cui ha accusato i suoi avversari di voler rubare le elezioni. Il video del Washington Post.
Una sostenitrice di QAnon eletta alla camera dei rappresentanti
Queste elezioni sono state un’affermazione per la teoria del complotto QAnon: una sua ferma sostenitrice, Marjorie Taylor Green, candidata per i repubblicani in Georgia, ha vinto un seggio alla camera dei rappresentanti. In questo modo il movimento, che ha ispirato fatti di violenza reali e che è stato definito dall’Fbi una potenziale minaccia terroristica nazionale, fa il suo ingresso nei corridoi del potere. Si stima che tra le fila dei candidati repubblicani al congresso almeno una decina fossero legati a QAnon.
La vittoria di Greene era aspettata perché si è presentata senza sfidanti in uno dei distretti elettorali più conservatori del paese, spiega il New York Times, ma il suo caso è l’ennesima dimostrazione di quanto le teorie del complotto – di cui QAnon è solo un esempio – abbiano preso piede nel Partito repubblicano.
Per i democratici sarà difficile prendere il controllo del senato
Il Washington Post scrive che Joni Ernst, senatrice repubblicana dell’Iowa, ha battuto lo sfidante democratico e ha confermato il suo seggio. Questo rende molto difficile per il Partito democratico prendere il controllo del senato, che dopo la Casa Bianca era il loro principale obiettivo.
Il punto sulle elezioni
Le prime dichiarazioni di Biden e Trump
Nonostante la grande incertezza, entrambi i candidati hanno commentato il voto. Biden ha sottolineato il suo buon risultato in Arizona e ha detto di essere ottimista su Wisconsin, Michigan e Pennsylvania, dove al momento è in svantaggio ma si aspetta ancora lo scrutinio di molti voti, tra cui quelli postali.
Trump ha parlato su Twitter di “una grande vittoria” e ha insinuato che gli avversari stanno cercando di rubare le elezioni.
I will be making a statement tonight. A big WIN%5C!
— Donald J. Trump (@realDonaldTrump) ?
Il punto sulle elezioni presidenziali
Trump ha conquistato la Florida e molto probabilmente vincerà anche in North Carolina, due stati fondamentali per le sue speranze di restare alla presidenza. Fondamentale per Trump è anche la Georgia, dove però il suo vantaggio si sta riducendo. Secondo il New York Times, al momento Biden ha il 59 per cento di possibilità di conquistare questo stato storicamente conservatore.
Il candidato democratico è andato al di sotto delle aspettative. Finora il dato migliore per lui è il vantaggio in Arizona, uno stato tradizionalmente conservatore. Se Biden dovesse spuntarla sarebbe una grande notizia, ma non gli basterebbe per vincere le elezioni.
Tutto si deciderebbe in alcuni stati del midwest – Michigan e Wisconsin – e in Pennsylvania. Si tratta di stati vinti da Trump nel 2016, con grandi città variegate dal punto di vista demografico che votano prevalentemente per i democratici e zone rurali più bianche schierate con Trump. Il fatto che la corsa sarà decisa in questi stati significa che potremmo dover aspettare molte ore, forse giorni nel caso della Pennsylvania, perché il conteggio dei voti arrivati per posta è più lento che altrove.
Qui si può seguire in tempo reale lo spoglio. Si vede che Trump è al momento in vantaggio, ma bisogna ricordare che in quegli stati il grosso delle schede inviate per posta nelle settimane e nei giorni prima del 3 novembre non sono state ancora scrutinate. I dati arrivati finora suggeriscono che questi voti potrebbero permettere a Biden di recuperare terreno.
Infine, con una situazione così incerta bisognerà guardare cosa succede in Nebraska e in Maine. Sono gli unici due stati che non assegnano tutti i grandi elettori al candidato che prende più voti. E in entrambi c’è un collegio (e quindi un grande elettore) in bilico.
I democratici conservano il controllo della camera dei rappresentanti
Secondo Fox News la camera resterà in mano ai democratici, un risultato ampiamente previsto.
BREAKING: THE Fox News Decision Desk can now project that Democrats will retain control of the House of Representatives and expand their majority by at least five seats.
— Lauren Blanchard (@LaurenBlanch12) ?
L’altra notizia del momento, meno scontata, è che i democratici hanno strappato ai repubblicani un seggio al senato: in Colorado John Hickenlooper ha battuto il senatore uscente Cory Gardner.
Si complica la posizione di Joe Biden
Secondo il modello di previsione del New York Times, il candidato repubblicano è favorito per conquistare North Carolina, Florida e Georgia, tre stati di cui ha assolutamente bisogno per restare alla Casa Bianca. FiveThirtyEight scrive che se Trump dovesse vincere in questi tre stati le sue possibilità di vittoria finale balzerebbero al 50 per cento.
Per quanto riguarda la mappa elettorale, si va verso una situazione i cui saranno decisivi gli stati del midwest, come Michigan e Wisconsin, e la Pennsylvania. Sono i tre stati che quattro anni fa Donald Trump strappò a Hillary Clinton conquistando la presidenza. È ancora presto per capire chi è effettivamente in vantaggio in questi stati e potrebbero volerci ancora alcune ore, anche di più nel caso della Pennsylvania. Un’altra strada che resta aperta per Biden prevede una sua vittoria in Arizona, stato tradizionalmente repubblicano, dove al momento il candidato democratico sembra andare bene.
I ricchi di Los Angeles alzano le barricate
Di solito così lontana dal trambusto dell’attualità, con i suoi giardini perfetti e il passeggio di lusso, Beverly Hills è invece oggi lo specchio di una città sospesa nell’ansia del risultato elettorale. “Gli Stati Uniti rappresentano la democrazia: tutto questo è un cattivo esempio per il mondo intero” dice Javier Rojas, un giornalista che si aggira come un fantasma tra le vetrine di Rodeo drive coperte da pannelli di compensato. Solo la stampa può accedere alla strada famosa per le boutique di alta moda, che la polizia ha isolato con il nastro giallo e con transenne di cemento. “Ma dove siamo andati a finire? Questa è la mia città, una delle più democratiche e libere in un paese democratico e libero. Vederla così fa venire i brividi”, scuote la testa un giovane con cagnolino e caffè in mano, che osserva da oltre le barriere e non vuole lasciare il suo nome.
È una cosa inedita, ma che oggi si ripete molte volte: i passanti e chi manifesta non gradiscono le interviste o comunque si rifiutano di lasciare nome e cognome. “Preferirei di no, visti i tempi”, dice l’operaio che sta montando delle telecamere di sorveglianza aggiuntive in mezzo alla strada. Spiega: “Dopo che a maggio i manifestanti hanno fatto irruzione nei negozi di Rodeo drive, i commercianti si sono organizzati per tempo”. La loro strategia non è del tutto incomprensibile.
Il 2020 è stato difficile in tutto il mondo, ma negli Stati Uniti la pandemia ha fatto crescere la tensione più che altrove. L’inizio della primavera è stato segnato dalle manifestazioni di chi pretendeva di mettere fine ai lockdown, armi e bandiere in mano. L’uccisione di George Floyd a maggio ha di nuovo ferito e spaccato il paese. A parte alcuni episodi di saccheggi nei negozi, le proteste pacifiche di Black Lives Matter sono andate avanti per mesi, così come le esternazioni di estremisti di destra che cercavano di metterle a tacere, a volte con il fucile sotto braccio. A tutto questo a Los Angeles si aggiungono gli scontri violenti delle scorse settimane tra polizia e tifosi dei Los Angeles Lakers e poi dei Dodgers, che stavano festeggiando la vittoria nel campionato della loro squadra senza rispettare le regole sanitarie. Anche per questo accumulo di scontri e violenze, i sostenitori di Trump riuniti nei paraggi fanno riferimento al fatto che il presidente in carica sarebbe l’uomo della legge e dell’ordine, “law and order”.
Il mantra è sempre lo stesso: “Tasse basse, ordine sociale, pugno di ferro contro i violenti”, dicono quasi in coro un uomo e una donna che sventolano una bandiera a stelle e strisce e una su cui è scritto TRUMP 2020. “I violenti sono quelli di Blm e gli Antifa. Quelli si divertono a spaccare vetrine”. Le macchine che passano suonano il clacson in segno di sostegno: sono auto di lusso, ma spesso anche pick up con attrezzi da giardinaggio nel cassone e guidati da un ispanico. Sono appena le 12.30 del giorno della verità: alle otto di sera si chiuderanno le urne anche qui.
La situazione dei grandi elettori e la mappa del voto
Nessuna sorpresa finora. Biden ha vinto in stati solidamente democratici, Trump in alcuni di quelli tradizionalmente conservatori ed è in netto vantaggio negli stati decisivi del sudest, come Florida e North Carolina.
Devono ancora essere assegnati 103 grandi elettori.
Si vota in piena pandemia
Gli Stati Uniti stanno votando nel momento di massima diffusione del nuovo coronavirus. Negli ultimi giorni i contagi giornalieri si sono avvicinati alla soglia dei centomila. I casi di covid-19 stanno aumentando in quaranta stati su cinquanta e anche nel territorio di Puerto Rico. La mappa mostra quali sono le zone maggiormente colpite. Più il colore va verso il rosso più la situazione è grave.
Meglio non fidarsi degli exit poll
Molti commentatori consigliano di non fidarsi degli exit poll che cominceranno ad arrivare dopo la chiusura dei seggi. Queste rivelazioni, che si basano sulle domande fatte agli elettori all’uscita dai seggi, possono essere ingannevoli in generale, ma soprattutto in un’elezione incerta come questa.
FiveThirtyEight scrive che “la pandemia ha eliminato il principale vantaggio degli exit poll rispetto agli altri sondaggi: il fatto di essere basati su elettori in carne e ossa. In queste elezioni più di cento milioni di persone hanno votato prima del 3 novembre. Quindi le interviste all’uscita dai seggi difficilmente daranno risultati affidabili, soprattutto considerando che chi non ha votato in anticipo tende a sostenere Donald Trump”.
Alta affluenza tra gli elettori ispanici
I dati sul voto anticipato fanno pensare a un’affluenza molto più alta del solito tra gli elettori di origine latinoamericana, in particolare in alcuni stati decisivi come Texas, Arizona, Florida, Pennsylvania e North Carolina.
L’aumento più rilevante si registra tra i giovani: il 33 per cento degli ispanici che ha votato lo ha fatto per la prima volta. Potrebbe essere uno sviluppo decisivo non solo in queste elezioni ma anche per il futuro della politica statunitense, visto che il numero di elettori di origine latinoamericana è in costante aumento.
I democratici sperano che questa dinamica possa permettergli di strappare ai repubblicani stati come Texas e Arizona, ma non è scontato che gli ispanici votino in massa per i democratici. In campagna elettorale alcuni commentatori hanno scritto che Biden stava facendo fatica a convincere questo segmento elettorale, generalmente più conservatore rispetto ad altre minoranze.
Una guida per interpretare i risultati provvisori
Oltre a ritardare l’arrivo del risultato finale, i tantissimi voti anticipati (di cui molti inviati per posta) avranno l’effetto di rendere i risultati provvisori molto altalenanti. Questo perché in alcuni stati vengono scrutinate prima le schede già arrivate (che tendenzialmente dovrebbero dare una spinta a Biden), in altri prima quelle depositate al seggio il 3 novembre (che dovrebbero essere più favorevoli a Trump). In molti stati potremmo vedere un vantaggio iniziale per Biden, poi ridotto da Trump, in altri stati la dinamica opposta. È un elemento da tenere presente, perché il presidente ha fatto capire che potrebbe dichiarare la vittoria se dovesse essere avanti all’inizio dello scrutinio. Ecco come potrebbero cambiare i risultati negli stati decisivi:
Arizona I seggi chiudono alle 3 di notte ora italiana. All’inizio il risultato potrebbe favorire Biden, poi ci si può aspettare un recupero di Trump. I sondaggi danno Biden in vantaggio di 2,6 punti.
Florida I seggi chiudono alle 2. Vantaggio democratico iniziale e poi recupero repubblicano. I sondaggi danno Biden in vantaggio di 2,5 punti.
Georgia I seggi chiudono all’una di notte. Situazione ancora più caotica, perché le regole sullo scrutinio variano tra una contea e l’altra. I sondaggi danno Biden in vantaggio dello 0,9 per cento.
Michigan I seggi chiudono alle 3. Trump potrebbe apparire in vantaggio e poi perdere terreno. Per i sondaggi Biden è in vantaggio di otto punti.
North Carolina I seggi chiudono all’1.30. All’inizio i risultati potrebbero essere molto favorevoli ai democratici, ma il vantaggio potrebbe ridursi con il passare delle ore. I democratici potrebbero guadagnare terreno nei giorni seguenti, visto che saranno conteggiati anche i voti arrivati entro il 12 novembre. Secondo i sondaggi Biden ha un vantaggio di 1,7 punti.
Ohio I seggi chiudono all’1.30. Vantaggio iniziale dei democratici e rimonta di Trump. Trump è in vantaggio di 0,6 punti, secondo i sondaggi.
Pennsylvania I seggi chiudono alle 2. All’inizio i risultati potrebbero essere molto favorevoli a Trump. I democratici dovrebbero recuperare nei giorni seguenti. Si prevede un conteggio piuttosto lento. Biden è dato in vantaggio di 4,7 punti.
Texas I seggi chiudono alle 3. All’inizio i democratici potrebbero essere in vantaggio, mentre i repubblicani potrebbero recuperare grazie ai voti espressi al seggio. I sondaggi danno Trump in vantaggio di 1,5 punti.
Wisconsin I seggi chiudono alle 3. In alcuni posti i voti vengono contati insieme, in altri prima quelli in presenza. Trump potrebbe andare bene all’inizio e poi perdere terreno. I sondaggi danno Biden in vantaggio di 8,2 punti.
Perché il voto per posta sarà decisivo
Sono più di 60 milioni gli statunitensi che hanno espresso la loro preferenza con il voto per posta, un dato molto alto anche a causa della pandemia. Il video di Le Monde, tradotto in italiano, spiega perché il voto per posta divide gli schieramenti e in che modo potrebbe essere decisivo per il risultato delle presidenziali.
“Mai viste così tante persone in ansia”, una cronaca da Los Angeles
Paula e Sebastian Lazar rientrano a casa soddisfatti. Mentre lei corre dietro al loro bambino di tre anni travestito da Uomo Ragno, lui raggiunge un gruppetto di vicini nel cortile interno del condominio dove vivono. È la sera del 2 novembre, a Los Angeles si sta ancora con le maniche corte e gli abitanti di questo edificio di due piani con piscina a nord di Hollywood, la parte meno elegante del quartiere, non rinunciano a fare due chiacchiere prima di cena. Di solito la conversazione è leggera, ma non stasera.
“Siamo stati a votare. È la prima volta da quando abbiamo acquisito la cittadinanza, dieci anni fa”, esordisce Sebastian Lazar, originario della Romania, come sua moglie e molti altri suoi vicini di casa. “Abbiamo votato per Trump, ovviamente”, precisa sorridendo, “non vogliamo mica pagare più tasse”. “Con Biden sarebbe un macello”, gli dà ragione un vicino di origine latina, “il socialismo è una brutta bestia”.
La conversazione si accende in un insolito battibecco che vede gli stranieri naturalizzati schierarsi per il presidente uscente e un anziano che scuote la testa demoralizzato e alla fine si ritira gridando: “Se fosse per Trump non stareste neanche qui! Come vi è venuto in mente di votarlo?”.
La tensione che circonda le elezioni è palpabile per le strade, nei condomini, nelle case, nei messaggi che arrivano sul telefono. Amici quarantenni, liberal, istruiti e attenti a cosa succede nel mondo e nel paese, esortano a fare scorte di generi di prima necessità perché “tira una brutta aria”. Altri raccontano di aver declinato inviti di familiari per “ragioni politiche”. Gruppi che aiutano i senzatetto o attivisti per i diritti dei neri raccomandano sui social network di tenere i telefoni in carica e i serbatoi delle macchine pieni. Nemmeno nei giorni dopo l’uccisione di George Floyd erano stati così martellanti.
Nelle zone dello shopping può capitare di vedere pannelli di legno usati per chiudere le vetrine e le porte dei negozi, dei ristoranti e degli hotel. Beverly Hills è completamente foderata di compensato, quasi un monumento a questi tempi turbolenti.
Lungo l’Hollywood boulevard, un ragazzo poco più che adolescente aiuta a chiudere un negozietto che vende souvenirs e magliette. “Non si sa mai”, allarga le braccia. “Queste elezioni stanno facendo impazzire le persone, non sappiamo cosa può succedere”. Al lato opposto del viale, Bob Cella, un operaio dai capelli grigi e di famiglia italoamericana, sta inchiodando pannelli sul portone del teatro El Capitán: “Ci hanno chiamati perché temono proteste e saccheggi dopo la chiusura dei seggi. Meglio prevenire che curare! Ho sessant’anni, non ho mai visto la gente così in ansia per delle elezioni”, dice. Lui e il suo collega hanno già votato – in California le urne sono aperte dal 24 ottobre per evitare assembramenti –, ma nicchiano quando gli si chiede per chi, cambiano discorso e infine salutano.
Anche questo è un dato piuttosto anomalo di questa “giornata particolare”, in una città dove le persone sono generalmente molto aperte, franche e disponibili con la stampa.
Tante elezioni locali
Oltre che per il presidente, per il congresso e per alcuni governatori, negli Stati Uniti si sta votando anche per molti altri incarichi e per una serie di referendum:
Il mondo vuole Joe Biden alla Casa Bianca
Gli elettori statunitensi ne sono largamente inconsapevoli, ma hanno in mano il destino del mondo dei prossimi anni. Presentare le elezioni americane in questi termini può sembrare eccessivo, ma in realtà non lo è. L’opinione di Pierre Haski.
Lunghe file ai seggi
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— Joyce Karam (@Joyce_Karam) ?
Twitter e Facebook segnaleranno le false dichiarazioni sulla vittoria
Nei mesi scorsi si è molto parlato dell’eventualità che Donald Trump si dichiari vincitore non appena ci saranno i risultati dei primi spogli. In molti stati si scrutineranno prima le schede di chi ha votato al seggio. Secondo gli analisti questi voti andrebbero in numero maggiore a Trump. Il presidente potrebbe così dichiarare vittoria, mettendo pressione sia sugli scrutatori sia sui tribunali, se ci dovessero essere problemi successivi al voto.
I social network saranno i luoghi ideali dove fare annunci del genere. Facebook, Instagram e Twitter hanno dei piani per arginarli. Le due aziende segnaleranno i post dei candidati che affermeranno di aver vinto le elezioni prima della fine degli scrutini.
Twitter avviserà gli iscritti con messaggi tipo: “Official sources called this election differently”, “Official sources may not have called the race when this was Tweeted”.
Facebook e Instagram scriveranno: “Votes are being counted. The winner of the 2020 US Presidential Election has not been projected”.
Le previsioni sul congresso
Si vota anche per rinnovare l’intera camera dei rappresentanti (al momento controllata dai democratici) e un terzo del senato (in mano ai repubblicani). Secondo le previsioni, i democratici dovrebbero mantenere il controllo della camera e ottenere la maggioranza al senato: hanno l’81 per cento delle possibilità secondo l’Economist, il 75 per cento secondo FiveThirtyEight.
Dopo le elezioni presidenziali, quelle per il senato sono le più importanti della giornata. Se Trump dovesse essere confermato presidente ma dovesse trovarsi con il congresso completamente controllato dall’opposizione, il suo margine di manovra sarebbe molto ridotto. Lo stesso succederebbe se Biden dovesse entrare alla Casa Bianca e ritrovarsi con un senato controllato dai repubblicani. Inoltre, anche se i democratici dovessero prendere il controllo della camera alta, potrebbero non riuscire a far passare i provvedimenti più importanti, per cui serve una maggioranza di 60 voti su 100 (è molto difficile che ne avranno più di 55).
Il Guardian spiega quali sono le sfide per un seggio al senato da tenere d’occhio.
Le previsioni su Trump e Biden
La maggior parte degli analisti e dei commentatori crede che Joe Biden sia nettamente favorito nella sfida per la presidenza. Questo perché il candidato del Partito democratico è in vantaggio sia a livello nazionale (di circa dieci punti percentuali, secondo la media dei sondaggi) sia nella maggior parte degli stati in bilico. Ma le previsioni variano in base ai siti presi in considerazione.
L’Economist dà a Biden il 96 per cento di possibilità di vittoria, e il 4 per cento a Trump.
Più cauto il sito FiveThirtyEight, secondo cui Biden ha l’89 per cento di possibilità di vittoria, Trump il 10 per cento, e c’è una possibilità molto remota (l’1 per cento) che nessuno dei due candidati raggiunga la soglia dei 270 grandi elettori necessari per la presidenza. Quattro anni fa, quando Trump sconfisse a sorpresa la candidata democratica Hillary Clinton, FiveThirtyEight fu l’unico sito che dava una possibilità di vittoria importante a Trump (il 35 per cento).
In un articolo prima del voto, il direttore del sito Nate Silver ha scritto:
La posizione di Biden è molto più forte di quella di Clinton quattro anni fa. Il suo vantaggio è maggiore in tutti gli stati decisivi, e il suo vantaggio a livello nazionale è più del doppio di quello che aveva Clinton. E rispetto a quattro anni fa ci sono altri elementi che sembrano aiutare Biden: il numero di elettori indecisi, cioè quelli che decidono per chi votare all’ultimo momento, è considerevolmente minore (il 4,5 per cento, rispetto al 12,5 del 2016). Se i sondaggi si rivelassero sbagliati come lo furono nel 2016 (con un margine d’errore del 3 per cento a favore di Trump) Biden sarebbe comunque in vantaggio ma la corsa diventerebbe competitiva.
La tabella di seguito mostra, nella colonna di sinistra, le previsioni finali di FiveThirtyEight per ogni stato dove il risultato è più incerto. Al centro il risultato nel caso in cui il margine di errore dei sondaggi fosse favorevole a Biden, a destra se fosse favorevole a Trump.
Dati record e criticità
Grazie alle procedure per il voto anticipato, almeno 98 milioni di persone hanno votato prima del 3 novembre, un dato record. Questo fa pensare che l’affluenza potrebbe essere più alta del solito (nel 2016 fu del 55,7 per cento) e molti esperti di elezioni temono che il paese non sia pronto a gestirla, visto che negli ultimi quattro anni sono stati chiusi 21mila seggi elettorali in quaranta stati.
A causa della pandemia aumenteranno anche i voti espressi per posta. La procedura per il conteggio di quelle schede sarà più lenta di quella per i voti al seggio, quindi è possibile – nel caso non ci sia una vittoria schiacciante di uno dei candidati – che per conoscere il vincitore delle elezioni bisognerà aspettare giorni o addirittura settimane. In alcuni stati vengono scrutinate prima le schede inviate per posta, in altri prima quelle dei voti espressi al seggio. Per questo è molto probabile che in molti stati i risultati cambino in base a questa variabile. Secondo gli esperti elettorali, in linea di massima il voto per posta dovrebbe favorire Biden, quello al seggio Trump. Inoltre, milioni di persone voteranno in questo modo per la prima volta, e tante schede potrebbero essere invalidate per questioni tecniche.
Informazioni chiave per seguire le elezioni
Prima che arrivino i risultati, è bene tenere a mente alcuni passaggi fondamentali sul funzionamento delle elezioni presidenziali negli Stati Uniti. Gli elettori non eleggono direttamente il presidente. Il voto popolare consente di scegliere i grandi elettori collegati a un candidato. Questi delegati eleggono il presidente e sono assegnati a ogni stato in base alla popolazione: la California, che ha 40 milioni di abitanti, ha 55 grandi elettori; il Wyoming, con 600mila abitanti, ne ha 3.
In ogni stato – tranne Nebraska e Maine – il candidato che ottiene più voti conquista tutti i delegati in palio. I grandi elettori sono 538. Vince le elezioni il candidato che ne ottiene almeno 270.
Se nessun candidato raggiunge quella soglia, spetta alla camera dei rappresentanti eleggere il presidente, mentre il senato sceglie il vicepresidente. A dicembre i grandi elettori si riuniscono a Washington per votare e nominare il presidente. Non sono giuridicamente vincolati a votare in base al risultato del loro stato, hanno solo un obbligo politico, che in tutta la storia degli Stati Uniti è stato quasi sempre rispettato.
Qui una guida completa alle elezioni.
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