
Solo i grandi artisti sanno creare romanzi dall’acqua. La famiglia, il dolore, l’essere neri, Frank Ocean, l’hip hop, il ballo, la crescita, la rottura, Londra, l’oppressione, le polpette, il basket, il trauma della diaspora: per Caleb Azumah Nelson è tutto acqua. Lo scivolamento felice, quando è facile; la fatica di lottare contro la corrente, quando non lo è. La minaccia di annegare, sempre incombente tra le onde. E in questo indimenticabile debutto, Mare aperto, tutti i fiumi sono interconnessi; il Tamigi incontra il Mississippi, il Rio Grande, il Rio delle Amazzoni, il Nilo. Il prologo cattura un momento tranquillo in cui il protagonista – un fotografo di vent’anni senza nome che narra in seconda persona – e la sua ragazza, una ballerina anche lei senza nome, sono seduti a guardarsi incantati, nel sud-est di Londra. Azumah Nelson usa questa scena universale come trampolino da cui tuffarsi in una particolare esperienza nera. Dopo essersi incontrati una sera in un bar, il fotografo e la ballerina accettano di collaborare a un progetto multimediale che documenta la vita come la vedono i bianchi nelle zone intorno a loro. La brillantezza poetica di Azumah Nelson, la sua capacità di bilanciare il generale e il particolare, l’ambiente e il dettaglio, ottiene un risultato notevole. In ogni pagina, il prodigioso autore britannico-ghanese bilancia due storie familiari. Nella prima, due ventenni intelligenti s’incontrano, godono di un breve corteggiamento, soccombono al desiderio, intrecciano i loro corpi e i loro cuori, e lottano quando un’opportunità che cambia la vita minaccia di separarli. Nella seconda, un giovane nero in una città prevalentemente bianca incontra la violenza, l’ansia di classe, l’oppressione sistemica, trova conforto nell’amicizia, nella teoria, nella musica, nell’arte e nella letteratura. Azumah Nelson è fotografo, e i capitoli si leggono come immagini. Che racconti uno scontro con la polizia o tra due amanti, i suoi poteri descrittivi sono speciali. “Hai sempre pensato che se avessi aperto la bocca in mare aperto saresti annegato. Ma se non aprissi la bocca soffocheresti. Quindi eccoti qui, ad affogare”. Felicemente. Gabriel Bump, The New York Times
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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati