Menahem Kahana, Afp/Getty

È stato fissato al 13 giugno il voto di fiducia per il nuovo governo che dovrebbe mettere fine a dodici anni di guida del paese di Benjamin Netanyahu. La coalizione formata da Yair Lapid, il centrista a capo dell’opposizione ( nella foto ), è stata annunciata il 2 giugno ed è composta da otto partiti: due di sinistra, due di centro, tre di destra (tra cui l’ultranazionalista Yamina) e uno arabo. L’accordo prevede che il capo di Yamina, Naftali Bennett, sarà premier fino al 2023 e poi sarà sostituito da Lapid fino al 2025. Su Haaretz Gideon Levy sottolinea che il nuovo governo è solo un avvicendamento a destra e “Israele si sveglierà in un nuovo giorno che sarà troppo simile al precedente”. Intanto continua la repressione delle forze israeliane contro i cittadini palestinesi, definita da +972 Magazine “la peggiore in decenni”. Dall’inizio di maggio sono state arrestate più di 1.900 persone. Ma le proteste dei palestinesi vanno avanti, soprattutto a Sheikh Jarrah, il quartiere di Gerusalemme Est dove diverse famiglie sono a rischio espulsione. Il 7 giugno il procuratore generale Avichai Mandelblit ha informato la corte suprema che non interverrà nel caso e ora si aspetta la sentenza. Il governo uscente l’8 giugno ha dato l’autorizzazione a svolgere una marcia di estrema destra a Gerusalemme Est, in precedenza vietata per timore che potesse riaccendere le violenze.

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Questo articolo è uscito sul numero 1413 di Internazionale, a pagina 20. Compra questo numero | Abbonati