
Nel suo Discorso sulla servitù volontaria, scritto nel 1548, Étienne de La Boétie sostiene che i tiranni si mantengono al potere non tanto per la loro forza quanto per la compiacenza dei sudditi; perfino da un particolare desiderio di schiavitù. Il nuovo esigente e impegnativo romanzo di Sara Mesa traspone queste idee in un territorio intimo: i passi che una persona comune deve compiere per diventare, volontariamente, serva e vittima propiziatoria. Nat è una giovane traduttrice precaria. Si trasferisce in una piccola città rurale, un villaggio fittizio del sud della Spagna chiamato La Escapa. Nat si troverà casualmente unita al tedesco Andreas, un contadino un po’ stupido e non molto attraente. La mediocrità del personaggio è un elemento di fascino per Nat, e lo stesso vale per la meccanica della loro relazione “contrattuale”, che è meglio non descrivere nel dettaglio per non svelare la tensione del romanzo. È il punto di partenza per una potente analisi delle proiezioni romantiche. I lettori di Mesa ne conoscono già la capacità di attraversare zone moralmente ambigue, ma Un amore raggiunge una forza senza precedenti. Tutto s’incastra a perfezione: l’ambientazione, le sottili relazioni tra i personaggi, uno stile che si affina gradualmente e raggiunge una temperatura (fredda) che è pura gioia per il lettore, nonostante la costante inquietudine della trama. In questo amore non reciproco, Nat diventa un “capro espiatorio” volontario. Non crede di meritare la sua libertà. Cerca una punizione, e l’abdicazione della responsabilità individuale. Ha la coscienza sporca per un atto gratuito che le ha segnato la vita, cioè ha commesso un furto nell’ufficio dove lavorava. Ma nessuna spiegazione psicologica è semplice e qui sta la forza analitica e immaginativa di Mesa. Nat prova una macabra empatia per i suoi abusatori, mai intesi come “cattivi” ma, con un capovolgimento interpretativo, come esseri umani più vulnerabili di lei. Se ha accettato l’umiliazione è perché si considera più forte. Mesa indaga i desideri oscuri di una vittima, la sua fiducia in un equilibrio riparatore, e porta queste implicazioni su un piano politico.
Carlos Pardo, El País
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Questo articolo è uscito sul numero 1427 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati