L’ente cinese che regola internet ha aggiornato la lista delle testate giornalistiche online approvate dal governo, che possono quindi essere incluse negli aggregatori di notizie o ripubblicate da altri siti. Dalla lista, che contiene molti account social controllati dal Partito comunista cinese, è esclusa Caixin, la testata cinese più autorevole e uno dei pochi esempi di giornalismo indipendente. Fondata nel 2009 da Hu Shuli (nella foto), Caixin ha una versione in inglese ed è nota per le inchieste, che negli anni hanno portato alla luce scandali di corruzione e legati all’inquinamento. La testata non ha mai risparmiato critiche alle autorità e, scrive Bloomberg, “il messaggio è chiaro: nessun giornale è al di sopra del partito”. L’obiettivo, dice David Bandurski, direttore del China Media Project, è assicurarsi che i mezzi d’informazione digitali siano politicamente disciplina
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Questo articolo è uscito sul numero 1433 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati