Michael Hurley ha vissuto la vita del cantante folk itinerante per più di cinquant’anni. Il suo primo album uscì nel 1963. Frequentò la scena del Greenwich village che diede vita alle carriere di Dave Van Ronk, Phil Ochs e Bob Dylan. Ha vissuto in ogni sorta di abitazione improvvisata, tende e fienili, ma la sua vera casa è sulla strada, a suonare canzoni essenziali sull’amore e la vita. Ha appena compiuto ottant’anni e in questo disco, il suo primo in dodici anni, non mostra segni di rallentamento. In The time of the foxgloves ci sono undici canzoni, alcune scherzose (Blondes and redheads), altre inquietanti (Se fue en la noche). Tutte impiegano gli strumenti musicali più basilari: chitarra acustica, violino, un organo a pompa, chitarra slide. Tutte brillano, schiamazzano e giostrano con lo spirito inimitabile di Hurley, un imbroglione, un romantico, un sognatore. Le lunghe vite non sempre producono saggezza, ma Hurley sembra aver imparato una o due cose su ciò di cui la musica ha bisogno.
Jennifer Kelly, Dusted
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Questo articolo è uscito sul numero 1442 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati