Il 3 ottobre il leader supremo iraniano, l’ayatollah Ali Khamenei, ha incolpato i nemici stranieri per i disordini cominciati nel paese il 16 settembre, il giorno della morte di Mahsa Amini, una giovane arrestata perché accusata d’indossare in modo scorretto l’hijab, il velo che copre la testa. Secondo Khamenei a fomentare le proteste sono gli Stati Uniti, Israele e gli iraniani all’estero, definiti “traditori”. La guida suprema ha avvertito che le forze di sicurezza hanno il suo pieno sostegno nella repressione del dissenso.
Khamenei ha anche detto di essere “profondamente addolorato” per la morte di Mahsa Amini, definita “un triste incidente”. Le autorità hanno dichiarato che Amini, ventidue anni, sarebbe morta per un attacco cardiaco mentre era sotto la custodia della polizia per “abbigliamento inappropriato”, una tesi respinta dai familiari. Secondo i familiari Amini era in perfetta salute, mentre alcuni testimoni affermano che sia stata picchiata dalla polizia religiosa.
La morte di Amini ha scatenato un’ondata di rabbia contro l’obbligo per le donne di indossare il velo in pubblico, che secondo i manifestanti evidenzia la mancanza di diritti delle donne in Iran. Già prima di queste proteste c’erano state diverse agitazioni durante un’estate segnata dalla mancanza d’acqua e dal peggioramento delle condizioni di vita, con scioperi e manifestazioni soffocate dalle forze di sicurezza. Khamenei, il cui silenzio sulla morte di Amini aveva destato sospetti sul suo stato di salute, ha detto che la repressione delle manifestazioni sarà inasprita.
Le università in subbuglio
Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha dichiarato che Washington imporrà “ulteriori sanzioni” all’Iran per la sua violenta risposta alle proteste. Il portavoce del dipartimento di stato statunitense ha affermato che gli studenti iraniani “potrebbero essere il futuro dell’Iran e stanno legittimamente protestando per la morte di Mahsa Amini, per come il governo tratta le donne e le ragazze, e per la violenza contro i manifestanti pacifici”. Secondo Iran human rights le persone uccise dalle forze di sicurezza sono 154. Circa quaranta di loro sono morte il 30 settembre durante la repressione di una protesta a Zahedan, la capitale della provincia del Sistan e Baluchistan, nel sudest del paese.
La mattina del 3 ottobre all’università di Sharif, importante istituzione di Teheran e tradizionale luogo di proteste, le lezioni in presenza sono state sospese e spostate online dopo che nella notte c’erano stati scontri tra studenti e forze di sicurezza. Alcuni video pubblicati sui social network mostrano che il 3 ottobre ci sono state manifestazioni in altre università del paese. Al politecnico di Esfahan gli studenti hanno protestato in solidarietà ai compagni di Sharif, intonando slogan per la libertà.
L’avvocato Mustafa Nili ha scritto su Twitter che le forze di sicurezza hanno attaccato con lacrimogeni e proiettili un gruppo di colleghi riuniti nella provincia meridionale di Fars in sostegno ai manifestanti. Il sindacato degli insegnanti iraniani ha diffuso un comunicato in cui chiede a studenti e docenti di scioperare in segno di solidarietà. Lo stesso giorno dodici prigioniere politiche hanno lanciato una protesta all’interno del famigerato carcere di Evin a Teheran a favore della battaglia per i diritti delle donne.
Anche i giocatori e gli allenatori della squadra di calcio Persepolis sono scesi in campo con una fascia nera al braccio per protestare contro l’arresto di Hossein Mahini, l’ex capitano accusato di sostenere la mobilitazione. Molti di loro sarebbero stati poi convocati dalle autorità. ◆ fdl
Radio Farda è il canale sull’Iran, in inglese e persiano, dell’emittente Radio Free Europe/Radio Liberty.
◆ Il 30 settembre 2022 le autorità iraniane hanno annunciato l’arresto di nove cittadini stranieri accusati di avere legami con i manifestanti iraniani e provenienti da Germania, Polonia, Italia, Francia, Paesi Bassi e Svezia. Tra loro c’è Alessia Piperno, trent’anni, di Roma. Piperno ha un blog di viaggi ed è stata fermata il giorno del suo compleanno a Teheran. Era entrata in Iran due mesi fa. In un post pubblicato sul suo account Instagram il 26 settembre esprimeva sostegno alle proteste.
◆Manifestazioni di solidarietà con le proteste in Iran continuano a svolgersi in vari paesi del mondo, tra cui Stati Uniti, Francia e Turchia. In molti casi donne e uomini si sono tagliati i capelli in piazza intonando lo slogan “Donna, vita, libertà”. Il 29 settembre circa trenta donne si sono riunite a Kabul, in Afghanistan, per esprimere solidarietà alle iraniane. Sono state disperse dalle forze di sicurezza dei taliban. Afp
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Questo articolo è uscito sul numero 1481 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati