◆ La necessità di produrre energia da fonti rinnovabili ha spinto i paesi europei a rivolgersi a quelli nordafricani, che hanno ampie regioni assolate e ventose. In Marocco c’è già la centrale solare di Noor e in Egitto quella di Benban. La centrale marocchina è collegata alla rete spagnola, mentre l’Egitto sta valutando la posa di un cavo sottomarino per la Grecia. C’è anche l’ipotesi di costruire centrali solari nel sud della Tunisia, da collegare alla rete italiana. Il progetto più grande, che costa 22 miliardi di dollari, è però la realizzazione di centrali solari ed eoliche in Marocco, da collegare con un cavo sottomarino al Regno Unito. Dovrebbe coprire l’8 per cento del fabbisogno energetico britannico.
Tuttavia, non mancano preoccupazioni di carattere ambientale e sociale. Il deserto non è deserto, ma abitato da popolazioni nomadi, scrive Yale Environment 360. Spesso le centrali sono costruite senza consultare le comunità locali e senza una valutazione ambientale (quella di Benban, per esempio, si trova vicino a un villaggio e mette a rischio le poche risorse idriche disponibili). Inoltre, sono spesso militarizzate, ostacolando gli spostamenti dei pastori, e la posa dei cavi sottomarini può avere conseguenze negative per le zone costiere.
Problemi simili, scrive Inside Climate News, si stanno verificando anche negli Stati Uniti, dove vari stati hanno approvato leggi che impediscono alle autorità locali di bloccare la costruzione di centrali solari ed eoliche.
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Questo articolo è uscito sul numero 1501 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati