Layla Martínez (dr)

Che le case abbiano una memoria è noto. Lo può testimoniare chi ha avuto il triste compito di svuotare la casa di famiglia dopo la morte di uno dei genitori. È allora che, da ogni angolo quel luogo ci parla e può farci perfino male. Tornare nelle stanze in cui si è cresciuti porta sempre con sé la speranza di un’apparizione, di uno spiraglio aperto su un tempo che non esiste più. Le case hanno questo potere perché ospitano anche le reliquie dei nostri santi e martiri, dei nostri amati antenati e anche dell’ignoto. Layla Martínez va oltre e trasforma la casa in un organismo vivente che spesso si ribella alle avversità subite dai suoi abitanti. Un organismo che si lamenta e si contorce, che imprigiona, trattiene e maledice. Il tarlo fa parte della tradizione letteraria che immagina case infestate, spesso perse nella foresta. Solo che in questo caso non si tratta di una casa misteriosa, né ai confini della realtà, anche se i suoi inquilini si muovono ai margini. Quella del Tarlo è una casa situata in uno spazio e in un tempo di violenza patriarcale e di classe che non finisce, che si reinventa per continuare a ferire. È la storia di una donna che ha vendicato la sua intera stirpe. Layla Martínez scrive con la sicurezza di chi conosce la strada e la percorre con mano ferma, a una velocità che si percepisce nelle sue lunghe frasi, prive di virgole perché ciò che racconta non consente pause. Perché le voci che ci parlano hanno molta fretta. La nonna e la nipote, in ogni capitolo, alternano la propria visione dei fatti su un evento che conosceremo man mano. Martínez rispetta la lingua immaginata per entrambi i personaggi, ricreando la loro voce, sia quella delle nostre nonne sia quella di noi nipoti. E lo fa nel modo giusto. Non conosceremo mai i loro nomi, come fece anche Daphne du Maurier con la protagonista di Rebecca, un’altra storia di una casa che imprigiona i suoi abitanti. Ma, ripetiamo, questo non è un romanzo sulle case infestate o dell’orrore, è molto di più: è un grido di allarme e di denuncia contro i tanti casi di donne spezzate, ferite, calpestate e morte che la violenza patriarcale e fascista ha lasciato sepolte nei canali della nostra storia.
Esther López Barceló,
La Marea

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Questo articolo è uscito sul numero 1510 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati