Con il suo secondo disco, Arlo Parks esplora a fondo gli aspetti pop e rnb che caratterizzavano il suo debutto del 2021, Collapsed in sunbeams, vincitore del Mercury prize. Dal punto di vista dei testi la cantante offre ritratti di relazioni a tratti imperfette, mettendo in luce il modo in cui il mondo ci deruba della nostra intrinseca divinità. Il problema è che l’album fa troppo affidamento su sonorità prevedibili e melodie vaghe, spesso scivolando in un suono indistinto. “Vorrei essere senza lividi”, dichiara Parks nel brano di apertura. I sintetizzatori fanno riferimento alla muzak tanto quanto ai Portishead, mentre la successiva Impurities ha una melodia allettante che non riesce a decollare. Nel complesso il disco sembra soffrire l’assenza di Gianluca Buccellati, autore insieme a Parks di gran parte di Collapsed in sunbeams. My soft machine scorre bene, ma non è particolarmente memorabile. Parks ha 22 anni, è una cantautrice d’innegabile talento ed è circondata da colleghi capaci. Se riuscirà a gestire la sua arte ancora in via di sviluppo, ci sono tutte le ragioni per credere che esplorerà nuove traiettorie per molti anni a venire.
John Amen, PopMatters
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Questo articolo è uscito sul numero 1514 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati