Sono successe tante cose dall’uscita dell’ultimo album della musicista britannica Nadine Shah, Kitchen sink del 2020, sia nel mondo sia nella vita dell’artista. Il suo nuovo disco Filthy underneath suona molto diverso dal precedente, ma possiamo dire che è alla sua altezza. Filthy under­neath è legato in maniera indissolubile al contesto tormentato in cui è nato. In questi anni Shah ha tentato il suicidio, ha divorziato e si è presa cura della madre, malata terminale. Mentre elaborava tutta questa sofferenza, i suoi ascolti erano dominati dall’icona pop iraniana Googoosh, dalla cantante indiana Asha Puthli e dal glam rock. Queste influenze in particolare emergono e contribuiscono a rendere il disco qualcosa di unico. In Sad lads anonymous sembra che il parlato dei Dry Cleaning incontri l’immaginario di Sam Fender sulla provincia inglese. In See my girl Shah si fa più dolce e suadente quando ripensa alle foto che ritraggono lei e sua madre. In chiusura, con French exit la musicista parla del tentato suicidio; ci fa partecipi dei dettagli che costruiscono un quadro evocativo e nitido di quella serata. Filthy underneath non è un ascolto facile, ma senz’altro ricompensa lo sforzo.
Adam England, Diy

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Questo articolo è uscito sul numero 1552 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati