Si sono messi cappotti pesanti, scarpe e sovrascarpe e sono usciti nel gelo terribile, scrive Gabriele Tergit (1894-1982) e poi sottolinea un’incredibile coincidenza: “Non sapevano che quello stesso 7 gennaio del 1929 in una birreria un uomo avrebbe detto a chi era lì: ‘Farete visita a un ebreo? Vostra sorella magari è sposata con uno dei nostri nemici giurati?’”. Quell’uomo era Joseph Goebbels, che parlava in un locale non lontano dalla festa di compleanno degli Stern, una buona famiglia ebrea. In Berlino, addio, il grande romanzo che scrisse in esilio nel Regno Unito, Gabriele Tergit cattura le condizioni sociopolitiche della Germania tra gli anni novanta dell’ottocento e e gli anni cinquanta del novecento. Ed è merito della casa editrice Schöffling-Verlag se questo romanzo sbalorditivo, che avrebbe potuto essere pubblicato nel 1956, viene alla luce adesso. Finalmente questa brillante giornalista berlinese, che diventò famosa negli anni trenta anche come romanziera, ha lo spazio che merita nella letteratura tedesca. In Berlino, addio Tergit combina temi e stili di scrittura e punta il dito sulle ferite della sua epoca: il crescente antisemitismo dopo la prima guerra mondiale, la sofferenza degli ebrei e la loro espulsione. Targit ricorda un intero periodo della sua vita attraverso la distanza degli anni passati ma soprattutto attraverso la lontananza dell’esilio. C’è la Berlino ebraica dell’est e l’ovest più ricco degli Stern, i Mayer e i Jacoby: tutte le dinamiche sociali di allora si riflettono nei dialoghi e nelle vicende dei vari personaggi. Tergit fu costretta a lasciare la Germania: fino al 1933 aveva scritto coraggiosamente delle malversazioni dei nazisti come cronista giudiziaria, era decisa a rimanere finché un giorno capì che ne andava della sua vita. Quello che ha reso così travagliata la storia di questo romanzo è che nel Regno Unito, dove si era rifugiata, non esistevano case editrici che pubblicassero la letteratura dei tedeschi in esilio, come per esempio accadeva nei Paesi Bassi o in Svezia. Die Zeitung, l’unico giornale indipendente in lingua tedesca, faceva scrivere solo uomini, con l’eccezione di Erika Mann, figlia di Thomas. Solo oggi, finalmente, possiamo leggere il grande libro di Gabriele Targit, scritto dalla prospettiva di un’esiliata. Bernadette Conrad, Berliner Zeitung
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it
Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 108. Compra questo numero | Abbonati