Lontano dall’Ucraina e da Gaza c’è un altro terribile conflitto e sconvolge il Sudan, paese dell’Africa orientale situato in una posizione strategica sul mar Rosso. Il 14 agosto si sono aperti a Ginevra i negoziati per un cessate il fuoco, riportando l’attenzione sulla guerra civile che dall’aprile 2023 oppone l’esercito, guidato dal generale Abdel Fattah al Burhan, ai paramilitari delle Forze di supporto rapido (Rsf) dell’ex braccio destro di Al Burhan, il generale Mohamed Hamdan Dagalo, detto Hemetti, legato alle milizie janjawid che parteciparono al genocidio in Darfur negli anni duemila. Nel 2021 i due generali avevano organizzato insieme un colpo di stato, vanificando i risultati ottenuti dalla rivolta che nel 2019 aveva fatto cadere la dittatura di Omar al Bashir.
L’esito delle trattative di Ginevra, promosse dagli Stati Uniti, è incerto, anche perché l’esercito rifiuta di parteciparvi. Il dialogo vorrebbe creare le condizioni per una tregua in un conflitto che ha causato tra i 19mila e i 150mila morti, a seconda delle stime, undici milioni di sfollati e 2,3 milioni di profughi. Oggi le parti in guerra bloccano l’accesso degli aiuti umanitari, mentre 25 milioni di sudanesi, più di metà della popolazione, soffrono la fame. A queste atrocità si sono aggiunte le piogge torrenziali, creando quella che l’Onu ha definito “una delle peggiori crisi umanitarie degli ultimi decenni”.
Se il conflitto va avanti è anche perché i protagonisti ricevono sostegno dall’estero. L’Egitto e l’Arabia Saudita aiutano l’esercito; gli Emirati Arabi Uniti e la Russia le Rsf. La guerra per procura coinvolge numerose milizie e decine di migliaia di civili. Il cessate il fuoco passa dalla fine dell’ingerenza dei paesi stranieri e deve favorire l’inclusione dei rappresentanti della società civile sudanese che nel 2019 è stata capace di far cadere la dittatura. Solo forti pressioni internazionali possono avviare un processo simile, e per metterle in atto è indispensabile strappare l’atroce guerra in Sudan al silenzio mortale che la avvolge. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati