Megalopolis è un’allucinazione, meravigliosamente fuori dal comune. Al tempo stesso lamentazione malinconica e fantasia futuristica, visione di una società moribonda e ritratto di un idealista, un architetto, Cesar Catilina (Driver), che sogna un mondo migliore. Genio enigmatico, Catilina vive in una città che sembra la New York dei giorni nostri filtrata dall’antica Roma (nonché un miscuglio di set cinematografici), familiare e oscura, realistica nell’essere rappresentata come un parco giochi per i ricchi e una prigione per i poveri. La città ossessiona Catilina, ma è anche una fonte d’ispirazione. La sua visione di un posto in cui le persone possano realizzarsi al meglio è ostacolata specialmente da uomini meschini. Tra questi il sindaco Franklyn Cicero (Esposito) un politico navigato senza pazienza per la fantasia. Succederà di tutto e in alcuni casi le cose non decolleranno come avrebbe sperato il regista, tuttavia nel ritratto di un sognatore sempre sull’orlo del baratro è evidente il suggerimento autobiografico. Tutto il film suona come una dichiarazione personale di Coppola su scala epica, un testamento sfacciato, a tratti bellissimo, in altri momenti meno. Anche per questo non può essere liquidato con superficialità. Megalopolis sarà pure folle, ma a Holly-wood non farebbe male usare nei suoi film un po’ più di follia, di passione e di coraggio.
Manohla Dargis, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1585 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati