Dopo il successo inaspettato del semisperimentale Away, il regista lettone Zilbalodis sembra voler scrivere un nuovo capitolo della contrastata storia tra cinema d’animazione e videogiochi. Il film sembra ispirato al gioco Yo Frankie! creato con il software gratuito Blender, che poi è diventato lo strumento principale per la lavorazione del film. Al di là delle sfide tecniche e delle acrobazie economiche, Flow ci presenta un mondo in cui l’uomo non c’è più, cancellato da un’alluvione, e dove le creature sopravvissute sono ancora minacciate dalle acque. Il film si rifà esplicitamente alle opzioni formali dei boat movie in cui la fluidità prende il posto dell’arte poetica. Così il film naviga da un paesaggio all’altro raccontando l’avventura di sopravvivenza di una cricca di animali, liberi da ogni presenza umana. L’effetto generale, sostenuto dall’assenza di dialoghi, è affascinante e colloca il film in una zona indecifrabile tra iperrealismo e arte digitale, magnifico sfondo per un discorso implicitamente ecologista e antispecista.
Thierry Méranger, Cahiers du Cinéma

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Questo articolo è uscito sul numero 1588 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati