Meno di un mese fa, giurando di difendere la costituzione degli Stati Uniti, Donald Trump ha promesso di misurare i suoi successi “non solo in base alle battaglie che vinceremo, ma anche in base alle guerre a cui metteremo fine e, forse ancora più importante, in base a quelle in cui non entreremo mai”. Difficile dire cosa resti di questo impegno visto l’annuncio del 4 febbraio secondo il quale gli Stati Uniti vogliono assumere il controllo della Striscia di Gaza dopo aver cacciato i palestinesi, in nome di una ricostruzione trasformata in operazione di saccheggio immobiliare, da cui gli stessi palestinesi saranno esclusi.

Con il pretesto di vaghe considerazioni umanitarie, Trump appoggerebbe il crimine di guerra di trasferire forzatamente i palestinesi di Gaza fuori dell’enclave devastata dai bombardamenti israeliani dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, facendo un passo ulteriore verso il cieco allineamento sulle posizioni israeliane. Ormai ha fatto sua la visione del conflitto israelo-palestinese dell’estrema destra razzista e suprematista israeliana. Rifiutando di ammettere il legittimo diritto dei palestinesi all’autodeterminazione sulla propria terra, Trump fa del negazionismo la dottrina ufficiale della prima potenza mondiale. Dev’essere fermato.

Una pace duratura si può raggiungere solo con il compromesso, non attraverso l’annientamento di un popolo. Ma al presidente degli Stati Uniti non interessa che questo negazionismo si scontri con il progetto di normalizzazione tra Israele e la principale potenza regionale, l’Arabia Saudita, che Riyadh subordina alla creazione di uno stato palestinese.

Altrettanto si può dire del rifiuto già espresso da Egitto e Giordania di rendersi complici di questa pulizia etnica accogliendo i palestinesi espulsi da casa loro. Trump è convinto che la forza sbandierata dal suo ritorno alla Casa Bianca possa prevalere su tutto.

Più di vent’anni fa questa convinzione spinse un’altra amministrazione repubblicana, dopo l’11 settembre 2001, a scegliere l’avventurismo bellico in Medio Oriente. Invece di restituire all’America la sua “grandezza”, come sostiene, Trump rischia di riportarla verso il sanguinoso vicolo cieco del passato. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1600 di Internazionale, a pagina 15. Compra questo numero | Abbonati