I ragazzi sono euforici. Hanno formato un cerchio intorno al centro del loro universo. La battaglia da vincere. Le rime volano da una parte all’altra, tagliano l’aria, riempiono lo spazio che li separa. Il loro mondo è tutto qui: vince la replica più pungente, la più rapida. Pura atletica mentale. Sono come pugili che danzano su un ring, incassando colpi e cercando di ribattere. La tensione cuoce a fuoco lento, un giro dopo l’altro, e alla fine esplode quando sembra che la situazione possa degenerare e che qualcuno possa tirare per davvero un pugno all’avversario. E invece scatta un sorriso, un abbraccio e amici come prima.
Le gare d’improvvisazione rap non sono una novità, ma continuano ad avere un pubblico fedele. A Città del Messico l’epicentro di questo mondo è il monumento alla Rivoluzione.
Seconda divisione
È il secondo sabato del 2022. Nella capitale il clima è più freddo del solito. Dalle due del pomeriggio cominciano ad arrivare decine di giovani che si affollano attorno a un tavolo dove qualcuno prende appunti. Si diffonde un forte odore di erba. Oggi si sfideranno più di 110 freestyler. I giudici faranno subito una scrematura e presto ne rimarranno solo 32. L’estetica è sempre quella: skateboard, canotte da basket e jeans larghissimi, tute, berretti con visiera e scarpe da ginnastica.
Qui la strada ideale da seguire è una. Il rap di piazza, come lo chiamano i ragazzi, è la forma più pura, più sotterranea. L’evento è organizzato dalla Liga Venom, una specie di seconda divisione nel mondo dell’improvvisazione, abbastanza prestigiosa da sfornare nuove promesse, ma ancora underground. È l’ultima tappa prima del salto nel circuito professionale. “Quattro anni fa ho avuto l’idea di Venom. C’era molta frustrazione, perché giravano sempre le solite facce, mentre qui in piazza c’era molto talento. L’idea era quella di sostenere tutti i tipi di artista”, riassume Cristian Torres, alias Verso Abstracto, un ingegnere industriale di 29 anni che dieci anni fa è rimasto folgorato dal rap. Torres è il cervello dietro la competizione. Alle sue spalle ha già diversi dischi e un’infinità di sfide. “La magia del freestyle non ha paragoni”.
Molti dei partecipanti sono ancora minorenni. Quasi tutti si conoscono. Chi riesce a vivere con la musica si mescola ai più giovani. Tutti affrontano tutti, non esistono categorie. È facile notare chi è più solido nel tono della voce, nella scioltezza e nella presenza scenica. Garcés ha sedici anni ma ha già esperienza. Qualche giorno fa ha partecipato a un evento in un locale, ma preferisce la strada. “Mi piacciono di più le esibizioni di piazza. C’è più gente, è più coinvolgente”. Oggi arriverà in finale.
“Mi piacerebbe lasciare il segno, essere ricordato”, ammette Luís Esteban Montejano, Kamui, diciott’anni. Quattro mesi fa ha partecipato alla sua prima gara. “L’emozione che genera l’improvvisazione è unica, è una cosa pura”, aggiunge. “M’impressiona il modo in cui trovano le rime. I migliori di sicuro leggono molto”, sottolinea Tamara Bermúdez, vent’anni. Bermúdez non fa musica e assiste a una sfida per la prima volta. La maggior parte degli iscritti sono ragazzi, anche se negli ultimi tempi le ragazze hanno cominciato a farsi strada. Liga Venom ha creato l’evento Amazzoni per aiutare quelle alle prime armi.
Korayma García, diciassette anni, in arte Kory, ha partecipato a tutte e tre le edizioni di Amazzoni. “Se sei donna è difficile emergere. Ricordo gare con 180 iscritti in cui c’erano solo due ragazze. Dobbiamo cercare di distinguerci in un ambiente dominato dagli uomini. Non siamo più di venti ma c’impegniamo al massimo, per questo ci rispettano”, spiega seduta sui gradoni del monumento.
Jesús Cruz, Trovador, ha ventotto anni, undici passati a rappare. È un professionista. Si mantiene alternando concerti ed eventi con esibizioni in metropolitana. “Bisogna tenere duro. Con il rap si può sopravvivere ma capita di rimanere senza nulla”. Per Trovador la chiave è fare pratica ogni giorno. “Il cervello è come una persona pigra, se lo abitui a fare sempre le stesse cose si limiterà a quello”. Alle gare Trovador preferisce l’improvvisazione libera. “Sviluppi meglio le idee, senza limitarti a rispondere a un avversario. È diventato uno sport, purtroppo nessuno lo vede più come cultura”.
Faccia a faccia
Il 29 dicembre 2021, per concludere l’anno, Liga Venom ha lanciato un nuovo format: face to face, un’esibizione in cui i freestyler si affronteranno uno contro uno. La sfida si svolge in un locale di vestiti hip hop, al terzo piano di un vecchio edificio di Città del Messico. La sala concerti improvvisata si riempie di ragazzi, adolescenti e perfino bambini accompagnati dai genitori. Prima di cominciare si ascoltano i classici di Violadores del Verso e Tote King. Il dj fa scratch su una canzone di Mala Rodríguez. Tutte le basi usate durante le battaglie sono originali, prodotte da Erik Elorza e Jizzy MJH.
Nel corso del pomeriggio vanno in scena diverse gare. In una si affrontano Topis, sulla trentina, e Mario Shackur Trujillo, conosciuto come Wizard, sedici anni. Wizard, che sembra un chierichetto più che un ragazzo di strada, incassa impassibile gli attacchi dell’avversario. Sembra demoralizzato, ma sta preparando mentalmente il suo attacco. Quando arriva il suo turno colpisce l’avversario senza pietà: “Leggere è molto utile. Più parole conosco e più pallottole ho a disposizione”, spiega con voce allegra. “Le mie strofe sono ancora un po’ grezze, ma spero d’imparare e di migliorare. A volte l’adrenalina ti travolge e dici cose che fuori dalla gara non diresti mai. Ma è il tuo personaggio”.
Durante la giornata improvvisano più donne che uomini. L’ultima sfida è molto tesa e le concorrenti finiscono faccia a faccia, quasi sputandosi addosso. Chi non conosce le gare potrebbe avere l’impressione che stiano per prendersi a pugni. Ma alla fine, come sempre, si conclude tutto con un abbraccio. Il pubblico si affretta a scattare foto e a chiedere autografi a una delle due, Marlen Alejandra Rosales, detta Azuky, sedici anni. Il suo aspetto è molto lontano da quello della classica rapper. Porta gli occhiali e l’apparecchio per i denti, ma sforna rime brutali con una scioltezza e una coerenza che stordiscono. La sua voce, acuta e feroce, le conferisce uno stile peculiare.
“Mi piace battagliare, sfogarmi liberamente. Puoi dire quello che vuoi e incanalare quello che hai dentro. A volte, sul momento, la situazione si fa tesa. Ma la sfida finisce lì”. Finito l’evento di oggi, pubblico e rapper se ne vanno in attesa del prossimo incontro. Un gruppo di ragazzi resta a bere birra, scherzare e ascoltare hip hop statunitense. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1444 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati