Dopo una giornata turbolenta al parlamento polacco, nella serata dell’11 agosto il partito Diritto e giustizia (Pis, ultraconservatore e cattolico, al governo dal 2015) è riuscito a ottenere i voti necessari per far approvare una legge che vieta alle società esterne all’area economica europea di possedere emittenti tv in Polonia.
La legge è accusata di limitare il pluralismo dei mezzi d’informazione, già sotto attacco da tempo, e avrebbe come bersaglio diretto Tvn, la più grande tv privata del paese, di proprietà del gruppo statunitense Discovery e piuttosto critica nei confronti del governo. Il divieto è un affronto per l’amministrazione del presidente Joe Biden, che ha risposto con una dura dichiarazione in cui sottolinea che la legge danneggerà i mezzi d’informazione polacchi, gli investimenti e i rapporti con gli alleati occidentali.
Il giorno prima del voto in parlamento, i vertici del Pis avevano deciso di estromettere dal governo Jarosław Gowin, vicepremier e leader del partito Accordo, uno dei due partner di minoranza nell’esecutivo. Gowin era una spina nel fianco per il leader del Pis, Jarosław Kaczyński: nel 2020 si era opposto all’idea di far svolgere le presidenziali con il voto postale, mentre di recente aveva criticato la legge contro Tvn e il nuovo programma di welfare del governo, il cosiddetto Polish deal.
Le critiche di Washington
Senza i tredici deputati di Gowin, il Pis ha perso la sua risicata maggioranza parlamentare, che era di 235 seggi su 460. Eppure l’11 agosto ha deciso di andare avanti con la controversa legge sulla radiotelevisione. A Varsavia e in decine di città polacche sono state organizzate manifestazioni di protesta in solidarietà con Tvn.
Poi, nel pomeriggio del giorno della votazione, è arrivato il primo colpo di scena: l’opposizione è riuscita a far approvare una mozione, presentata dal presidente del Partito popolare polacco Władysław Kosiniak-Kamysz, per chiedere un rinvio a settembre della votazione. L’opposizione ha esultato: era la prima sconfitta del Pis al sejm, la camera bassa, su un importante disegno di legge.
◆ “Mateusz Morawiecki, il primo ministro polacco, è un noto bugiardo, e stavolta lo ha dimostrato chiaramente: la legge approvata l’11 agosto non serve a regolamentare il mercato radiotelevisivo o a proteggere i mezzi d’informazione polacchi dalle scalate ostili di gruppi russi o cinesi. Ha il solo obiettivo di mettere a tacere chi critica il governo e allineare tutti i mezzi d’informazione alla tv di stato, saldamente leale all’esecutivo. In questo modo alle masse possono essere date a bere tutte le notizie e le storie che vuole il leader di Diritto e giustizia, Jarosław Kaczyński”. Gazeta Wyborcza
Ma la giornata non era ancora finita. I parlamentari del partito di governo hanno prima chiesto una pausa e poi invocato il parere di esperti legali (anonimi) per sostenere che la procedura non era stata corretta e imporre una nuova votazione. In serata, quando il voto è stato ripetuto, tre parlamentari del partito populista Kukiz’15, che nel pomeriggio avevano sostenuto la mozione, sono passati dalla parte del Pis. E la legge è stata approvata.
Con ogni probabilità il provvedimento sarà bocciato in senato, che è controllato dall’opposizione, ma il sejm potrà successivamente ribaltare la situazione. Servirà, però, la maggioranza assoluta dei parlamentari. E alla luce degli ultimi sviluppi non è detto che il Pis riuscirà a mettere insieme un fronte politico così ampio.
Prima del voto dell’11 agosto gli Stati Uniti, partner cruciale per la Polonia sotto il profilo economico e militare, avevano cercato di convincere il governo di Varsavia a fare un passo indietro. In un comunicato diffuso dopo l’approvazione della legge, il segretario di stato Antony Blinken ha criticato la legge, sottolineando che “la Polonia è un importante alleato della Nato e sa bene che l’Alleanza atlantica si basa sul reciproco impegno a rispettare i valori democratici”, e ha aggiunto che leggi come quella contro Tvn “vanno contro i princìpi e i valori difesi dalle nazioni moderne e democratiche”. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1423 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati