Sembra difficilissimo passare per le fonti sonore del meridione italiano senza passare per i santi, che ancora oggi vivono nelle voci e nelle parole del posto. Stanno nella magia laica e nella tecnologia sacra, nella storia e nel mito, due parole che affossano questa parte d’Italia e continuano a essere pertinenti quanto ingenue. Anche se sempre più scollegati dai cristian (letteralmente “persone” in molti dialetti) alla base della loro iconografia, i santi stanno sempre nelle Evocazioni e invocazioni: s’intitola così l’album del musicista calabrese Davide Ambrogio, da Cataforìo, un piccolo paese dell’Aspromonte. E infatti qui ci sono sant’Andrea, santa Rusulia, san Rocco e san Michele.

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Qui le origini sono importanti, per ragioni linguistiche ed etnomusicali, e perché indicano la direzione che Ambrogio – polistrumentista e compositore – persegue, lavorando tra la riproposizione e la reinterpretazione delle suggestioni popolari. La reinvenzione non fa parte del suo percorso, a differenza del lavoro di Mai Mai Mai tra Calabria e Lucania, dato che il disco di Ambrogio aderisce più al folk e una minore contaminazione artificiale (qui c’è ancora una natura del posto, e non è per forza un male), approdando a risultati interessanti in brani come Canto dal carcere, canzone sugli “scordati” che vivono in un “audace ibrido tra uno scantinato e un hotel”, che parte come Daniele Silvestri, discende da Giovanna Marini e poi opta per una digressione sonora fatta da una voce che restituisce l’esperienza dello spossessamento. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1436 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati