Non mi capita tutti i giorni di assistere alla nascita di una canzone. Mi capita di sentir parlare di progetti e dischi in lavorazione, ma del gesto minimo che è scrivere una canzone non tanto. E proprio con un riferimento al gesto minimo si apre Come un’altra cosa, un brano di Grosso Bernardo e Viola Lo Moro che si avvale dell’artwork di Michela Rossi, in arte Sonno. Quando Viola Lo Moro me ne ha parlato al tavolino di un bar, facendomi sentire l’audio provvisorio del pezzo sul telefono, ho avvertito subito un moto di piacere, come mi capita quando assisto alle prime stesure di romanzi che poi si trasformano per la pubblicazione e si dimenticano della loro ruvidità o incompiutezza (ma io me la ricordo, e di solito mi manca) o un amico mi manda una demo fragile attraverso diversi supporti digitali che però la canzone completa non riuscirà a sovrascrivere.
In questo caso il piacere informe legato all’origine della canzone – “pensavamo alla distanza come a un’altra cosa” – e quello dato dal suo arrivo a singolo uscito – “pensavamo alla presenza come un’altra cosa” – è quasi parallelo. S’intuisce che dalla collaborazione tra la ricerca sonora di Grosso Bernardo e quella poetica di Lo Moro nasceranno cose interessanti, anche solo per l’allucinazione per cui mi piacerebbe sentire la malinconia da riviera congenita nel brano canalizzata in un duetto con Amanda Lear, perché sarebbe perfetta. E poi un verso come “Vorrei toccarti il cranio” è impegnativo da sostenere, ma qui trova una melodia che sa sgravarsi del proprio peso senza perdere il proprio malinconico erotismo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1561 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati