Come un paio di vecchie scarpe classiche tirate a lucido e rimesse a nuovo, Argentina, 1985 trasforma un’importante pagina della storia argentina in appassionato dramma giudiziario, punteggiato da curiose note umoristiche. Il film ruota intorno al processo che portò la giunta militare di Jorge Videla davanti a un tribunale civile per rispondere dei crimini e delle atrocità compiute durante la dittatura. Il regista Santiago Mitre ha trovato un perfetto protagonista in Julio Strassera, procuratore capo che seguì il caso nei primi giorni dell’instaurazione di una precaria democrazia. Mitre ritrae Strassera (interpretato da Ricardo Darín) come un beffardo brontolone, la cui fedeltà al suo ruolo istituzionale si scontra con una duratura sfiducia nel prossimo. E il regista è abile nell’evocare in modo delicato e con tanti espedienti stilistici un senso di memoria collettiva che compensa quelli che dovrebbero essere i momenti più retorici del film. Il cinema premia un brav’uomo chiamato a fare la storia, anche se è chiaro che gli eroi di questa vicenda sono tanti. Natalia Winkelman, The New York Times
Argentina / Stati Uniti / Regno Unito 2022, 140’. PrimeVideo
Utama. Le terre dimenticate
Bolivia / Uruguay / Francia 2022, 87’. In sala
Virginio e sua moglie Sisa allevano un branco di lama sugli altopiani della Bolivia. Questo settantenne quechua non vuole lasciare la terra in cui è nato e cresciuto, nonostante una terribile siccità che dura da più di un anno. All’improvviso dalla città arriva il nipote Clever per provare a convincerlo ad abbandonare il suo stile di vita ancestrale. Alejandro Loayza Grisi, al suo primo lungometraggio (premiato al Sundance film festival), faceva il fotografo. Si spiegano così le inquadrature composte con esattezza, l’uso non scontato dei colori e delle luci, superbe sia nei chiaroscuri degli interni sia nelle vastità riarse alle pendici delle Ande. Pazienza se la narrazione, a tratti troppo prevedibile e didascalica, non è all’altezza della meravigliosa messa in scena. Samuel Douhaire, Télérama
Danimarca 2021, 104’. In sala
Colpito da una vertigine esistenziale mentre è in viaggio verso un seminario di team building, Martin (Rasmus Bjerg) decide di lasciare tutto per stabilirsi nell’immensità delle foreste norvegesi alla ricerca di una vita più semplice. Ma l’incontro casuale con uno spacciatore ferito, Musa (Zaki Youssef), innesca un turbolento inseguimento tra i due uomini, la polizia e dei gangster. Una qualità innegabiledel secondo lungometraggio del regista danese Thomas Daneskov è il suo equilibrio quasi scientifico nel sovrapporre generi diversi, dal film di fuga alla commedia (quella alla fratelli Coen, in cui l’ironia non è mai compiaciuta ma mirata a creare un’empatia con i personaggi). Wild men non sottolinea mai la sua irriverenza o la sua bizzarria, preferendo suscitare la risata in modo indiretto, obliquo. Allo stesso modo il film, guardando al declino della nostra società, evita il sovraccarico di domande esistenziali o il candore del ritorno alla natura, mostrando come in realtà tutto sia riconducibile a logiche consumistiche. La sua lezione più preziosa arriva dal tentativo di ridefinire i tratti di una nuova mascolinità che mostra l’evidente difficoltà degli uomini sia nel comunicare con il prossimo sia nell’insistere sugli stereotipi di genere. Ludovic Béot, Les Inrockuptibles
Stati Uniti 2022, 52’. Disney +
Alcuni cacciatori di mostri si riuniscono per celebrare il funerale del leggendario collega Ulysses Bloodstone. Ma uno di loro (Gael García Bernal) ha delle motivazioni particolari. Alla sua seconda prova da regista, il celebre compositore Michael Giacchino ha realizzato una specie di pastiche dei classici horror Universal degli anni trenta e quaranta. La storia è un po’ esile anche per uno speciale tv di cinquanta minuti, ma il tutto è realizzato con un certo gusto e Gael García Bernal è sufficentemente carismatico da incuriosirci su quale sia il reale scopo di Werewolf by night. Helen O’Hara, Empire
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