Vergognandosi di aver dato voce alle idee troppo ottimistiche sulle iniziative militari degli Stati Uniti in Afghanistan e in Iraq, la reporter statunitense Lisette Marigny chiede capricciosamente a un motore di ricerca: “Ci sono guerre in questo momento che non stiamo perdendo?”. L’algoritmo sostiene che la risposta sia “Colombia”, in cui, nel 2015, le truppe statunitensi stavano sostenendo un processo di ricostruzione nazionale e di pace dopo mezzo secolo di guerre civili intrecciate tra forze governative, terroristi, rivoluzionari e baroni della droga. E quindi Lisette decide di andare nel paese, incrociando il maggiore Mason Baumer, un medico dei marines che, tormentato dalle catastrofiche morti a cui ha assistito nelle stesse guerre che hanno sconvolto la giornalista, ha accettato quello che spera sia un incarico più costruttivo come ufficiale di collegamento delle forze speciali all’ambasciata di Bogotá. La buona guerra è il romanzo d’esordio di Phil Klay, veterano dei marines. Se il libro fosse un film, sarebbe vietato ai minori solo per le crudissime scene di battaglia, che ritraggono un’umanità stravolta dal conflitto. Romanziere cattolico che scrive una fiction ambientata in zone di guerra straniere, Klay rende tributo al suo principale modello letterario, Graham Greene. La buona guerra è un’ampia, crudele, straziante e saggia aggiunta alla grande letteratura dell’imperialismo statunitense del dopoguerra.
Mark Lawson, The Guardian
John Wray è un avventuroso viaggiatore letterario. In Dono di dio presenta la sua prima protagonista femminile, Aden Grace Sawyer, una californiana di diciotto anni. La porta in Pakistan e in Afghanistan, dove intende perfezionare il suo arabo e – chissà? – forse combattere in difesa dell’islam. Ispirato alla storia vera di John Walker Lindh, il romanzo ritrae un’anima tormentata che trova conforto in una rigida ortodossia religiosa. Ma Aden conosce così bene se stessa? È un’adolescente la cui vita è stata sconvolta dall’infedeltà del padre, dal divorzio dei genitori e dal disprezzo che genera la sua ossessione per l’islam. Istruita dal padre, professore di studi islamici, è diventata un’ardente credente, mentre il padre rimane un osservatore disinteressato della religione. La fiducia in lui va in frantumi e lei trova una guida più affidabile in Allah. Usando i soldi risparmiati con un lavoro part-time, vola in Pakistan insieme al suo ragazzo, un adolescente di origine pashtun soprannominato Decker. S’iscrivono a una madrassa non lontana dal confine afgano. Con il corpo coperto da una tunica larga, Aden si è travestita da ragazzo per frequentare la scuola. Mentre lei è motivata dalla devozione religiosa, Decker è spinto dal brivido dell’avventura e infatti lascia presto la scuola. Per raggiungerlo, Aden si ritrova tra i jihadisti che si preparano a combattere in Afghanistan e impara a essere un soldato. Dono di dio è un’opera potente sulle seduzioni della fede e della violenza.
Dan Cryer, San Francisco Chronicle
Se c’è una cosa che caratterizza il fumo è che può filtrare attraverso le più piccole fessure e occupare tutto lo spazio che lo racchiude. Il fumo che dà il titolo al nuovo romanzo di José Ovejero è anche un’azzeccata metafora di ciò che accade quando lo leggiamo: questa storia potente e intensa entra nel lettore e si espande fino a invadere tutto. La protagonista è una donna di cui sappiamo poco: vive in una capanna abbandonata in mezzo a una foresta, con un bambino che non parla e di cui non è parente. Non sappiamo da dove vengano né perché si trovino lì, né come sia il mondo fuori dalla foresta, se non per le visite di un uomo che di tanto in tanto porta loro delle provviste. Questo misterioso visitatore è l’unico indizio che il mondo non è finito, che la vita continua, anche se percepiamo che è successo qualcosa di grave, perché il cibo non è facile da trovare. L’autore ha spogliato la storia di tutti i dettagli non essenziali. Così, senza contesto o riferimenti, il lettore si trova di fronte a personaggi che non hanno altro orizzonte se non quello di sopravvivere. Scritto con una prosa nitida, Fumo è una lettura da cui è difficile staccarsi. E, come il fumo, ti rimane addosso a lungo.
Eva Cosculluela, Heraldo
Il romanzo d’esordio del poeta britannico Keiran Goddard ha uno schema classico: un ragazzo incontra una ragazza, la ama, la perde. Ma il risultato – una serie di riflessioni intime, anticonformiste e spesso esilaranti su una relazione – è una sorpresa divertente. A prima vista, il testo sembra una poesia in prosa: paragrafi ben distanziati di due o tre righe. Ma il formato è in contraddizione con la potenza della scrittura. Il protagonista senza nome di Clessidra è un libraio aspirante scrittore. L’amore arriva sotto forma di una scrittrice in abito blu, e lui si trasforma. Quasi contro la sua volontà, prende la felicità “come una malattia”, diventando meno solitario ma anche meno giudicante. I piaceri e le eccentricità della relazione sono catalogati in un discorso intimo alla (ormai ex) fidanzata. Il protagonista è un partner difficile. È il tipo di persona che trova divertente la sua propensione a deludere gli altri. Non è quindi una sorpresa che la storia sia una storia d’amore perduta. Un romanzo caratterizzato da un’autocoscienza e un’autoironia sfacciate, in cui le frasi sdolcinate sono note stonate. Tuttavia, come quello del protagonista, il fascino di Clessidra è insidioso.
Nina Renata Aron, Los Angeles Times
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