Quando Faye Webster ha bisogno di scappare, se ne va a sentire l’orchestra sinfonica di Atlanta, la sua città natale. In genere è una decisione presa all’ultimo minuto e questo spiega l’abbigliamento non adeguato per l’occasione, da cui il titolo del suo quinto album. Fin dal primo brano, Thinking about you, racconta dettagliatamente, con una voce un po’ biascicata, esperienze intime in cui si sente incerta tra il bisogno di stare con un’altra persona e la voglia di non impegnarsi fino in fondo. La varietà vocale che le manca è compensata da giochi ed effetti, come il vocoder in Lego ring, che usa per imitare lo stile del suo ospite, il rapper Lil Yachty. Tuttavia la vera magia di Underdressed at the symphony sta nella strumentazione. A metà di Wanna quit all the time la cantautrice statunitense smette di cantare e si crogiola in un’atmosfera sognante, costruita su un piano elettrico, una pedal steel e una chitarra pizzicata. Webster non vuole essere legata a un genere, un luogo o uno stato d’animo. Preferisce il disagio che si prova quando non si appartiene a niente.
Dana Poland, Slant Magazine
Il pianista brasiliano Amaro Freitas è sempre più celebrato sulla scena jazz internazionale. Il suo quarto album, Y’Y, lo vede immerso nelle acque amazzoniche e intriso della spiritualità che governa i brani. In Y’Y, Freitas mantiene intatta l’universalità del percorso afrobrasiliano dell’album precedente, Sankofa (2021), ma rivolge il suo sguardo alle foreste dell’Amazzonia e alle popolazioni di questa regione del Brasile che resiste alla distruzione e all’avidità dell’uomo. Con un titolo che significa “acqua” nel dialetto degli indigeni sateré mawé, Y’Y va inteso come una sinfonia amazzonica. Il viaggio parte dall’evocazione della magia dell’acqua nei primi due pezzi, Mapinguari (Encantado da mata) e Uiara (Encantada da água) – Vida e cura, che rivelano l’accento percussivo del pianoforte preparato di Freitas, fino a sfociare nel mare esuberante del brano finale, Encantados. Qui a Freitas si uniscono il bassista cubano Aniel Someillan, il batterista nordamericano Hamid Drake e il flautista e sassofonista britannico Shabaka Hutchings. L’omaggio di Freitas a sua madre in Gloriosa dimostra che il musicista continua ad avere i piedi immersi nelle acque del suo stato natale, il Pernambuco, e nelle sue radici afrobrasiliane. Y’Y è una splendida celebrazione della diaspora africana, e un deciso passo avanti per Freitas nell’universo illimitato del jazz.
Mauro Ferreira, O Globo
Francisco Mignone (1897-1986) era un compositore brasiliano d’origine italiana. Con l’eccezione dei pezzi per piano, è stato meno prolifico del compatriota Heitor Villa-Lobos o di Ottorino Respighi, che era uno dei suoi modelli. La sua ammirazione più intensa era però per un altro compositore italiano. Pieno di dubbi sulla sua identità artistica e sui movimenti che aveva seguito negli anni (dal nazionalismo all’avanguardia in tutte le sue forme), nel corso di un concerto privato Mignone fece una sorta di coming out: stava interpretando al piano una delle sue Valsas da esquina, quando improvvisamente s’interruppe e cominciò E lucevan le stelle, una celebre aria della Tosca di Puccini, gridando: “Ecco la mia vera musica!”. Tante passioni così varie lasciano il segno nella sua opera. Qui troviamo due delle Valsas, alcuni melodici pezzi brevi, tanto facili quanto deliziosi nella loro ispirazione folcloristica, e le ambiziose Sonatinas del 1949. I dischi dedicati al pianoforte di Mignone sono pochi, ma nessuno è al livello di questo: l’agilità ritmica e la signorilità naturale di Martin Jones donano a tutto una grandissima dignità. Pare che sia il primo di una serie di album dedicati alla musica brasiliana per pianoforte del ventesimo secolo. Speriamo!
Gérard Belvire, Classica
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