A 82 anni John Cale è ancora un musicista prolifico, innovativo, che corre rischi facendo musica sempre coerente con il suo percorso. Fresco di Mercy (2023), ha già realizzato un altro lavoro pieno di sorprese ma dallo stile riconoscibile. In POPtical illusion ha scritto testi e musiche e suonato quasi tutti gli strumenti, oltre a fare il produttore insieme a Nita Scott. Il chitarrista Dustin Boyer regala suoni strani e meravigliosi mentre il missaggio di Mikaelin Bluespruce crea una tela intricata, in cui gli elementi si fondono pur restando distinti. Il risultato è puro John Cale, un autore dalla formazione classica che ha navigato nel rock dei Velvet Underground poi nel punk e nel post-punk, attraversando i generi lasciando comunque la sua firma. In questo disco c’è rabbia nei confronti di un’umanità imperfetta, ma anche disillusione e dispiacere. In Edge of reason cerca di ritrovare la speranza dopo aver perso la testa. Nonostante la ricerca e la maestria di Cale, in POPtical illusion non s’incontra mai nulla di troppo elaborato. La quiete e la bellezza di There will be no river mostrano la filosofia di un uomo che vive la sua nona decade con un’energia creativa da fare invidia ai colleghi più giovani.
Mark Kidel, The Arts Desk
Ci vorrebbe un’intera recensione per descrivere il curriculum del chitarrista e produttore Alessandro “Asso” Stefana: ha suonato con Mike Patton, Micah P. Hinson, Penguin Cafe e Calexico. Collabora da decenni con il cantautore italiano Vinicio Capossela. Ha lavorato con il leggendario compositore Alessandro Alessandroni, ma anche con Bill Frisell e Marc Ribot, e Pj Harvey nel disco The hope six demolition project. È proprio il legame con Polly Jean quello di maggiore significato per il suo secondo disco solista. Pj Harvey, nel ruolo di produttrice esecutiva, sembra aver dato a Stefana la sicurezza di fare le cose senza compromessi. Il risultato è un album che non riassume semplicemente le influenze del musicista bresciano, ma lo porta a unire passato e presente. Ascoltando il suono quasi appalachiano di The wandering minstrel, si sentono echi della tradizione balcanica e celtica. L’album raggiunge l’apice nei tre brani che riprendono le registrazioni d’archivio di Roscoe Holcomb. Per intrecciare la propria musica con una voce così fondamentale del folk statunitense non è necessaria solo faccia tosta, ma anche una vera sensibilità artistica. E Stefana porta a termine l’impresa. Alessandro “Asso” Stefana è un significativo passo avanti nel territorio ambient country.
John Parry, Backseat mafia
Dopo aver dedicato tre bellissimi album a Bartók, Susanna Mälkki e l’orchestra filarmonica di Helsinki passano a lavori scritti da Jean Sibelius alla fine dell’ottocento. Le tre brevi parti della suite Karelia rivelano già le qualità eccezionali del giovane compositore, come Rakastava, ma sono pagine che volano meno alte della suite Lemminkäinen, ispirata dall’epopea finnica del Kalevala. Se Esa-Pekka Salonen coltivava l’impatto spettacolare e i contrasti esacerbati di queste opere (Sony Classical), Mälkki ne privilegia l’equilibrio, l’atmosfera e il mistero, cominciando da Lemminkäinen e le fanciulle dell’isola, comunque carico di passione. In questo lavoro la direttrice non vede dei semplici quadri pittoreschi, ma soprattutto un insieme di svolgimenti architettonici molto più riusciti di gran parte delle sinfonie dello stesso periodo. Nel Cigno di Tuonela la musica sorge misteriosa e naturale da un silenzio inquieto e la straordinaria vetta drammatica di Lemminkäinen a Tuonela annuncia (nel 1895!) il Ligeti di Atmosphères (1961) e le opere per orchestra di Giacinto Scelsi (1905-1988). Questa interpretazione affascina sempre per la sua misurata potenza.
Patrick Szersnovicz, Diapason
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