Niente è meglio di una corsa estiva. Durante l’inverno e anche in primavera immagino di fare jogging in pantaloncini su un sentiero asciutto, circondato dall’erba e senza pozzanghere o ghiaccio nero. Ora quel sogno è sempre più sfuggente. Siamo a giugno e sono già terrorizzata all’idea di stare all’aperto dopo le sette e mezza del mattino. Mentre la crisi climatica produce eventi estremi nuovi e più frequenti, fare sport all’aperto in estate e in primavera sta diventando, per usare un termine tecnico, terribile.

In genere questo è il periodo dell’anno in cui le persone sono più attive, circa il 20 per cento in più secondo uno studio. D’estate milioni di statunitensi fanno campeggio, escursioni, corrono, pescano o pedalano, approfittando delle giornate più lunghe, della pausa scolastica e del tripudio del verde e della fauna selvatica. Ma di recente stare all’aria aperta è diventato sinonimo di una pericolosa esposizione al caldo e alle intemperie. Gli effetti della crisi climatica hanno ridotto i livelli di attività fisica in tutto il mondo. E con le Olimpiadi di Parigi ormai alle porte, alcuni esperti temono l’impatto del caldo estremo oltre alla scarsa solidità dei piani d’emergenza e delle linee guida per affrontarlo.

Il pericolo principale dell’esercizio nei giorni più caldi è quello di un colpo di calore. Quando la temperatura corporea aumenta, le tossine dell’intestino provocano infiammazioni in tutto il corpo, il cuore fatica a pompare il sangue e i reni faticano a causa della carenza di liquidi. Quella che comincia come una semplice stanchezza, con mal di testa e capogiri, può rapidamente provocare conati di vomito, delirio, crampi e svenimenti, tutti segnali del fatto che si sta rischiando la vita. Michael Sawka, fisiologo del Georgia institute of technology, mi ha spiegato che ognuno di noi ha una soglia di sopportazione del caldo, legata allo stato di salute, al livello di allenamento, all’attitudine allo sforzo e alle precauzioni prese contro il surriscaldamento. Secondo il National weather service statunitense, quando la temperatura del bulbo umido e del globo (una misura di riferimento che tiene conto di umidità, vento, nuvolosità e angolazione del Sole) supera i 32 gradi, quindici minuti di lavoro o esercizio alla luce solare diretta possono affaticare pesantemente il corpo. Dato che l’umidità impedisce alla sudorazione di raffreddare la pelle, le giornate più umide sono pericolose anche se le temperature non sembrano così alte, soprattutto per le persone con problemi di salute.

Trucchi insufficienti

Il corpo umano può adattarsi a tollerare un calore elevato, spesso nell’arco di pochi giorni. Quando le persone si espongono ripetutamente ad alte temperature, la quantità di plasma nel sangue cresce, aiutando il cuore a spingere il sangue verso la pelle per dissipare il calore. A quel punto i sensori che innescano la sudorazione si ricalibrano per rendere più efficiente il raffreddamento.

In laboratorio i ricercatori documentano spesso le capacità di atleti che si sono preparati per allenarsi con temperature corporee superori ai 40 gradi. Ma questi “trucchi” non sempre sono sufficienti: il corpo, per esempio, non può produrre più di una certa quantità di sudore in un dato momento.

Inoltre i comportamenti per tollerare il caldo hanno dei limiti. Per allenarsi durante le ondate di calore spesso si raccomanda di indossare vestiti traspiranti, rimanere all’ombra, mantenersi idratati ed evitare le ore più calde della giornata. Tuttavia la leggerezza dei tessuti non può mai essere totale, l’ombra non è sempre disponibile e l’idratazione richiede di fare caso a sintomi che vanno oltre la sete. Mentre le temperature medie continuano a salire, tante attività mattutine e serali che in passato offrivano un sollievo dal caldo non sono più praticabili.

I pericoli dell’aria inquinata sono in qualche modo più evidenti, soprattutto per i bambini piccoli, gli anziani e le persone con disturbi respiratori. Inalare polveri sottili può aumentare il rischio di sviluppare il diabete e disturbi cardiaci, polmonari e cognitivi, mentre i gas come l’ozono possono aggravare l’asma. L’esercizio fisico, che accelera il metabolismo, incrementa la quantità di inquinanti assorbiti attraverso le vie respiratorie. Come mi ha spiegato Michael Koehle, fisiologo della British Columbia, niente lascia pensare che gli esseri umani possano adattarsi a fare esercizio in un ambiente malsano.

Koehle teme però gli effetti di un’eccessiva limitazione dell’attività fisica: se lo smog costringe ad abbreviarla o cancellarla per uno o due giorni non è un problema, però i periodi di aria inquinata possono durare settimane o mesi. Chi si allena all’aria aperta è esposto a sostanze nocive nel breve periodo, ma secondo Koehle serve tempo prima che questo abbia conseguenze negative per la salute.

Nel frattempo le persone possono comunque beneficiare degli effetti positivi fisici e mentali dell’attività (un buon modo per trovare un equilibrio, spiega Koehle, è concentrarsi su allenamenti brevi ad alta intensità). Tuttavia perfino Koehle sottolinea che davanti agli incendi boschivi e ad altri eventi inquinanti capaci di “nascondere il cielo” è indispensabile interrompere l’attività fisica all’aperto.

Allenarsi al chiuso è la risposta più ovvia a questi problemi. Però le palestre e le attrezzature sono costose, molte persone non hanno un condizionatore in casa e la qualità dell’aria può essere pessima pure al chiuso. Senza sottovalutare il fatto che allenarsi all’aperto è più piacevole. Un clima inospitale potrebbe spingere alcune persone a rinunciarci del tutto, creando una popolazione meno preparata ai fenomeni estremi che ci attendono. Tenersi in forma è fondamentale per scongiurare molti disturbi che possono rendere più pericolose le ondate di calore e l’inquinamento.

Il costo di questi cambiamenti non è solo fisico. Stare all’aperto infatti è un’occasione per passare del tempo con gli altri, respirare aria fresca (quando possibile), assorbire vitamina D e vivere a contatto con la natura. Soprattutto per i bambini, gli spazi all’aperto sono un luogo di comunità. Chi frequenta di più le aree verdi pensa meglio e soffre meno di stress, ansia e depressione.

Più che al consumo di calorie, il mio desiderio di correre è legato alla possibilità di stare bene. Ho paura del giorno in cui le mie corse estive saranno solo fantasie nella mia mente. ◆ as

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Questo articolo è uscito sul numero 1569 di Internazionale, a pagina 100. Compra questo numero | Abbonati