Teemu Nikki, regista e sceneggiatore di La morte è un problema dei vivi, vede situazioni umoristiche dove ad altre persone si rizzerebbero i capelli in testa. Ed è quindi molto probabile che il suo nuovo film a qualcuno faccia proprio quell’effetto. Del resto si parla della morte e della vita che le ruota intorno. Le peripezie di Risto (Pekka Strang), che guida un carro funebre e soffre di ludopatia, e del suo vicino Arto (Jari Virman), che lavora in un asilo e ha scoperto di “non avere cervello”, non fanno ridere per forza e anzi, in alcuni momenti, diventano strazianti. Ma è proprio in questi contrasti che risiede la genialità del film. I tentativi dei due protagonisti di uscire dalle sabbie mobili non possono non sorprendere. E proprio in mezzo all’orrore ci troviamo a sghignazzare, magari vergognandocene. Comunque La morte è un problema dei vivi non è solo un film “di sceneggiatura”, ma è anche un film “di attori”. Virman è calorosamente adorabile. Quanto a Strang è decisamente agghiacciante ma non si può fare a meno di preoccuparsi per lui.
Jouni Vikman, Episodi
Finlandia / Italia 2023, 98’. In sala
Germania / Svizzera / Austria 2023, 110’. In sala
Dopo Il corsetto dell’imperatrice, Io e Sissi è il secondo film nel giro di un anno in cui si prova a liberare Elisabetta d’Austria dalle catene legate al suo rango e alla sua epoca. Il primo, dell’austriaca Marie Kreutzer, era un film iconoclasta in cui Sissi appariva come un’eroina tragica, con il destino segnato, nonostante la sua ribellione. Il secondo, della regista tedesca Frauke Finsterwalder, ha un tono addolcito, scaccia l’austerità con la luce e fa prevalere gli aspetti da commedia, raccontando il rapporto tra l’imperatrice e la sua dama di compagnia, Irma Sztáray (Sandra Hüller), che dal 1894 al 1898 l’affiancò durante i viaggi e gli spostamenti ufficiali. La leggerezza e la freschezza del tono sono sicuramente la sua caratteristica principale, ma purtroppo anche il suo limite più evidente. Véronique Cauhapé, Le Monde
Stati Uniti 2023, 114’. In sala
Il killer professionista John Knox scopre di essere affetto da una forma di demenza piuttosto aggressiva. Un incarico andato storto è un’ulteriore spinta ad accelerare il piano pensionistico. E naturalmente il figlio con cui non aveva più rapporti sceglie proprio questo momento per implorare il suo aiuto e risolvere un’altra emergenza. Il piacere di La memoria dell’assassino è proprio nella tensione tra il crollo delle facoltà mentali di Knox e la meticolosità del suo piano che potrebbe risolvere ogni cosa. Un thriller sobrio che risolve i suoi pericolosi azzardi con intelligenza.
Jeannette Catsoulis, The New York Times
Il primo impegnativo capitolo della mega saga western di Kevin Costner è sfacciatamente “vecchia scuola”. I colori, il rosso dell’argilla e l’oro dei capelli sospettosamente troppo puliti di Sienna Miller, ma anche la colonna sonora emozionante, per non parlare del ruolo riservato ai nativi americani. È quel genere di film curato e spettacolare ma “autenticamente vecchio west” come un set di faccette dentali. Eppure è avvincente.
Wendy Ide, The Observer
Francia 2023, 100’. In sala
Questo film catastrofico parte da un disastro ambientale che si traduce in fatali piogge acide. La minaccia diffusa e incolore è la cosa migliore di Acid, ma anche la scrittura fa la sua parte. Prima d’innescare la catastrofe Philippot costruisce i personaggi con cura e la fuga di una famiglia attraverso l’apocalisse corrisponde anche al tentativo di rimettere insieme i pezzi della loro vita. Il film può far pensare alla Guerra dei mondi di Spielberg, ma manca quella fede ingenua nell’eroismo, nella famiglia e nell’infanzia. Qui trasuda solo una disperazione irreligiosa.
Théo Ribeton, Les Inrockuptibles
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