Cosa distingue un poliziesco dalla vera letteratura? La vera letteratura cade in errore o pecca di superbia senza ragione. Molti autori che pensano di abitare regioni più alte dello spirito sarebbero incapaci di scrivere un romanzo poliziesco. Ho letto Le lupe perché mi è stato detto che al momento Boileau e Narcejac sono l’autore (i loro due nomi uniti per me contano uno) più capace di dare al lettore un’impressione di angoscia, se non di terrore, descrivendo esseri le cui passioni potrebbero essere le passioni di chiunque. Il motivo che muove le protagoniste delle Lupe sono i soldi. E questo non è necessariamente l’argomento di un poliziesco. Ed è proprio questo quello che intendo: in che senso questo romanzo non è un vero romanzo? Perché questo non potrebbe essere un romanzo balzacchiano anziché un poliziesco? Balzac molto spesso scriveva di situazioni estreme di cui rimaneva oscuro il movente umano. Lione 1941, Gervais si finge il suo compagno di prigionia morto durante la fuga dalla galera per farsi accogliere in casa dalla sua “madrina di guerra”, Hélène, che lo aspettava in un grande appartamento insieme alla sorella Agnès. Com’è giusto non svelerò la fine. È terrificante per quello che svela dei risvolti più profondi dell’animo umano.
Robert Coiplet, Le Monde (1955)
“Pare incredibile che esca solo oggi, nel 2022, per la prima volta un libro di Nikos Kazantzakis”, l’autore, tra gli altri, del celeberrimo Zorba il greco. Lo ha dichiarato entusiasta Konstantinos Papadópoulos della casa editrice greca Dioptra, lanciando questo scoop editoriale: un manoscritto del 1946, rimasto finora nella polvere d’archivio. Opera innovativa dai tratti ibridi, in cui elementi autobiografici si saldano alla vicenda narrata, descrive gli anni bui della seconda guerra mondiale, in Grecia e nel Regno Unito. Nel protagonista, Kosmàs, di forte potenza espressiva, rivivono inquietudini, riflessioni esistenziali e politiche dell’autore. Un romanzo sperimentale che conquisterà i conoscitori dell’opera di Kazantzakis ma anche i giovani, che troveranno messaggi di attualità, perché purtroppo guerra e crisi sono ancora oggi temi molto scottanti.
Tina Mandilara, Lifo
Secondo la regola comunemente accettata un giallo degno di questo nome deve contenere un delitto, un’indagine e un colpevole. La vicenda può avere un’esotica ambientazione storica o avvenire in un futuro improbabile e può essere condita con filosofia, eccessi erotici o squallori psicologici. Vale tutto, basta che il libro si poggi sulle tre solide gambe di cui sopra. Ma cosa succede se c’è un delitto, c’è un’indagine però il colpevole rimane sconosciuto? Possiamo parlare di giallo? Quasi alla fine di Bersaglio notturno Piglia scrive: “I romanzi polizeschi risolvono casi criminali con eleganza o con brutalità in modo che il lettore possa tranquillizarsi”. Si tratta di questo, dunque? Di non lasciare tranquillo il lettore? Bersaglio notturno ha quella qualità distruttiva che ha portato Piglia a dire, parlando di William Faulkner, che “la letteratura si costruisce sulle rovine della realtà”. Il romanzo dunque si presenta come giallo ma rompe tutte le convenzioni del genere. Tony Durán, un avventuriero e giocatore d’azzardo portoricano arriva in una città vicino a Buenos Aires alla ricerca delle sorelle gemelle Ada e Sofía Belladonna che aveva conosciuto ad Atlantic City. Si ferma in un albergo e in quanto straniero e sconosciuto scatena subito pettegolezzi e invidie. Un giorno lo trovano morto e le indagini prendono due strade opposte. La prima punta a un colpevole plausibile, l’altra, l’indagine del pensieroso commissario Croce, è fatta più d’intuizione che di metodo. Piglia conduce il lettore in un terreno paludoso, concentrando tutto l’intrigo su un personaggio all’inizio secondario, Luca Belladonna, il fratello delle due gemelle. Nulla in Bersaglio notturno è quello che sembra.
Francisco Solano, Revista de Libros
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