Omicidio in parrocchia è il secondo romanzo giallo del reverendo Richard Coles, ex parroco della chiesa d’Inghilterra ed ex popstar con il duo The Communards. Il prete Daniel Clement è il protagonista della storia ambientata nel villaggio di Champton St. Mary, dove Daniel è occupato a tranquillizzare la sua comunità ancora sconvolta dagli omicidi del romanzo precedente (Delitto all’ora del vespro) e a organizzare la fusione della sua parrocchia con quella della vicina Upper and Lower Badsaddle. Proprio da lì arriva il nuovo vicario, Chris Briddle, che scandalizza i parrocchiani indossando una salopette e portando in canonica i suoi figli dark. I lettori che si aspettano subito un bell’omicidio dovranno aspettare due capitoli in cui si descrive la vita di paese prima di arrivare al sacrificio rituale su cui dovranno indagare Daniel e il suo buon amico Neil Vanloo, il poliziotto locale. Coles ha la mano pesante con le similitudini (la macchina di Daniel è così lenta “che avrebbe potuto essere superata dal ghiacciaio Vatnajökull”) ma è anche molto abile quando si tratta di descrivere i rapporti in un piccolo paese, per esempio quando spiega quanto sia difficile convincere i fedeli maschi a cantare forte se le note di un inno si fanno più alte. Daniel, intorno a cui ruota tutta la storia, è beneducato, gentile e profondo ed è un protagonista con cui è molto piacevole passare più di trecento pagine. Omicidio in parrocchia è un altro affascinante cosy crime.
Alison Flood,The Guardian
C’è una rivoluzione ma non se ne accorge nessuno. Deve essere successo in molti villaggi russi nel 1918 lontani da Mosca o da San Pietroburgo. Non si parla tanto di chilometri, quanto di interi mondi di distanza. Yulia Marfutova descrive uno di questi piccoli villaggi-mondo nel suo romanzo d’esordio Il cielo cent’anni fa. L’autrice è nata a Mosca nel 1988, ha studiato tedesco e storia a Berlino e ora vive a Boston. Con periodi semplici e stringati ci porta indietro nel tempo in un villaggio dove tutto è talmente piccolo che niente ha un nome proprio: mercato, paese, fiume, foresta. La gente si chiama tutta Ilja perché così si chiamava il loro padre. Ci sono pochi giovani uomini nel paese: solo in tre sono tornati dalla guerra contro il Giappone, un paese straniero al di là del fiume e molto lontano. Qui non si parla di politica, gli uomini non parlano della guerra e il vecchio Ilja di solito dice solo “mhm”. Ciononostante il libro è pieno di chiacchiere, di voci, di monologhi e di storie superstiziose. Un giorno nel villaggio arriva Wadik, un giovane uomo sconosciuto. Indossa un’uniforme da ufficiale ma non è un ufficiale e chiede a tutti di staccare le icone dalle pareti delle loro case. Alla fine la cosiddetta realtà irrompe nel paesino.
Viktoria Morasch, Die Tageszeitung
Il ragazzo che leggeva Verne della scrittrice madrilena Almudena Grandes è il racconto della guerriglia di Cencerro, un leggendario partigiano comunista che dal 1947 al 1949 firmava le banconote scrivendoci sopra “Così paga Cencerro”. Per non essere catturato Cencerro si uccise e i franchisti esibirono il suo cadavere in piazza invitando la folla a una “festa di brutalità”. Il narratore di questa cruenta pagina del dopoguerra franchista è Nino, il figlio di nove anni di una guardia civile che vive in una caserma, un bambino a cui dicono che le urla dei torturati nella stanza accanto vengono da un film. Tutti da quelle parti vivono in un clima di delazione costante. Questo è un romanzo di avventura e di terrore raccontato dalla voce di un bambino combattuto tra ciò che vorrebbe e ciò che ha. E il terrore è una spirale che avviluppa tutta la società, dall’alto al basso ma, come scrive l’autrice, “sono quelli più in basso che finiscono per essere sia strumenti del potere sia vittime”. Uno studio del comportamento umano al di là delle ideologie.
Carmen Sigüenza, Público
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