I critici hanno subito detto che Kamala Harris ha sbagliato la sua prima uscita. È già accusata di essere troppo progressista, e come le è venuto in mente di promettere il controllo dei prezzi? Pochi hanno letto il suo piano, però. Il costo della vita è il tema centrale della sua campagna elettorale: dall’inizio dell’amministrazione Biden i prezzi al consumo sono saliti del 19,4 per cento. Secondo Donald Trump è colpa dei sussidi governativi per il covid e della spesa per la transizione ecologica. Harris attribuisce invece i rincari all’eccessivo potere di mercato delle grandi aziende, nella tecnologia come nella produzione alimentare e nella distribuzione. Per questo propone di usare soprattutto l’antitrust e le autorità indipendenti come la Federal trade commission, e non prezzi amministrati (cioè decisi dalle burocrazie federali) per contrastare l’inflazione, smantellare fusioni, introdurre più concorrenza, costruire un maggior numero di case per fermare il caro-affitti e bloccare le operazioni immobiliari dei fondi speculativi. Trump invece vuole tassare tutte le importazioni negli Stati Uniti, cosa che farebbe salire (e non scendere) i prezzi. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1577 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati