Diciamolo subito: non è inventando una nuova coalizione di centro che la Francia uscirà dalla crisi politica. L’idea secondo cui si dovrebbe governare il paese riunendo tutti i cosiddetti partiti “ragionevoli”, dal centrosinistra al centrodestra, dal Partito socialista a Les Républicains (Lr), escludendo gli estremi – cioè La France insoumise (Lfi) di Jean-Luc Mélenchon a sinistra e il Rassemblement national (Rn) di Marine Le Pen a destra – è un’illusione che porterà solo a nuove delusioni e a rafforzare gli estremi in questione. In primo luogo perché quella coalizione di persone ragionevoli somiglia a una coalizione dei privilegiati, ma non sarà certamente escludendo dal governo le classi popolari che il paese uscirà dalla crisi. In secondo luogo perché la democrazia elettorale ha bisogno di alternanze chiare per funzionare.

La polarizzazione sinistra-destra, a condizione che si rinnovi nei contenuti di fronte alle trasformazioni mondiali, è virtuosa perché permette alternanze di questo tipo. Due coalizioni sostenute da visioni del futuro antagoniste ma coerenti, e che fondandosi su interessi socioeconomici diversi si alternano al potere: è così che gli elettori si formano un’opinione e mantengono la fiducia nel sistema. È questo modello virtuoso che ha permesso il consolidamento della democrazia nel corso del novecento ed è verso un nuovo bipolarismo sinistra-destra che si deve andare. Detto questo, cosa fare? Nei paesi con un sistema maggioritario a un turno, come negli Stati Uniti e nel Regno Unito, il bipolarismo si realizza da solo. Ma bisogna sapere quale bipolarismo vogliamo.

Affidare la Francia a un governo che riunisca tutti i cosiddetti partiti “ragionevoli”, dal centrosinistra al centrodestra, escludendo gli estremi, porterà solo delusioni

Nel Regno Unito i laburisti hanno battuto i conservatori, ma hanno un programma così timido da lasciare perplessi. Negli Stati Uniti il bipolarismo si è ribaltato su se stesso. Dopo aver abbandonato le ambizioni ridistributive, negli ultimi decenni i democratici sono diventati il partito dei più istruiti e dei benestanti. I repubblicani invece hanno sostenitori nel mondo degli affari, ma sono riusciti ad attirare il voto popolare con uno sforzo minimo, rompendo con il dogma del libero scambio e della globalizzazione liberista associata ai democratici. Il futuro ci dirà se è possibile un nuovo capovolgimento.

Sicuramente questo richiederà un cambio di rotta per la sinistra statunitense. In democrazia è impossibile ottenere i risultati migliori sia tra i più ricchi sia tra i più svantaggiati. Se il Partito democratico vuole tornare a essere il faro della giustizia sociale deve accettare di perdere il voto dei ricchi proponendo misure di redistribuzione, che dovranno rispondere non solo alle aspirazioni delle classi popolari urbane ma anche a quelle delle piccole città e dei territori rurali. Non si può puntare tutto sull’annullamento del debito studentesco: bisogna anche rivolgersi a chi si è indebitato per comprare una casa o una piccola azienda.

Nel contesto francese la questione si pone in modo diverso. La sinistra è ancora vivace, ma ha perso il voto popolare dei centri più piccoli, colpiti dalla liberalizzazione commerciale, dalla deindustrializzazione e dall’assenza di servizi. Negli ultimi decenni si è formato un divario territoriale senza precedenti tra le classi popolari urbane (che ancora votano a sinistra) e quelle rurali (passate al Rassemblement national).

È su questa frattura che si è costruita la tripartizione: un blocco centralista che rappresenta i privilegiati vuole governare il paese sulla base della divisione tra le classi popolari urbane e quelle rurali, tra il blocco di sinistra e quello di destra. Per uscire dalla tripartizione le presidenziali possono svolgere un ruolo utile, perché spingono a unirsi per il secondo turno e potrebbero accelerare l’avvento di un nuovo bipolarismo. Ma questo non basterà.

A sinistra i partiti devono imparare a deliberare e a risolvere democraticamente le loro divergenze. In particolare La France Insoumise dovrà dare prova di umiltà e accettare il fatto che la sua base elettorale è reale ma minoritaria nel paese e non consentirebbe assolutamente una vittoria al secondo turno delle presidenziali.

A destra è arrivato il momento che Les Républicains e le componenti più conservatrici del partito di Macron accettino l’idea di dover formare una coalizione maggioritaria con il Rassemblement national di Marine Le Pen. L’hanno già fatto per la legge sull’immigrazione.

È tempo di farsi carico dell’unione delle destre, altrimenti sarà imposta presto o tardi dalle urne. Inoltre questo costringerà il Rassemblement national a dare un’impronta più di destra al suo discorso economico e finanziario, contribuendo all’emergere di un nuovo bipolarismo.

Non è salutare lasciare La France insoumise e il Rassemblement national fuori dal sistema: questi partiti devono affrontare la prova del potere. È così che la democrazia uscirà dalla sua crisi attuale. ◆ fdl

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Questo articolo è uscito sul numero 1594 di Internazionale, a pagina 40. Compra questo numero | Abbonati