Cultura Libri
La vita lenta
236 pagine, 17,00 euro

Le prime pagine dell’ultimo romanzo di Abdellah Taïa raccontano un interrogatorio di polizia. Il protagonista, Mounir Rochdi, ha appena avuto una discussione con la sua vicina, la signora Marty. E ora, gli agenti sono alla sua porta. Siamo in Francia, nel 2016, poco dopo gli attacchi che hanno colpito Parigi. La svolta kafkiana del romanzo è già in corso: ogni mossa diventa sospetta. “È strano, però… Vivere in un appartamento così bello e non fare nulla per arredarlo… È strano…”. Tra la signora Marty e Mounir, tuttavia, non c’era diffidenza, ma piuttosto uno “strano legame”. Forse dovuto al fatto che erano entrambi poveri: “La signora Marty viveva nelle stesse condizioni di alcuni immigrati”. Il lettore segue i pensieri e le peregrinazioni di Mounir, immerso nella sua nuova situazione di sospettato. Prigioniero degli stereotipi degli agenti su di lui, è assalito dall’amore – per un poliziotto – e dai dubbi. Come in altri romanzi di Taïa, le donne occupano un posto speciale. Spesso sono meno violente del resto della società, che le condanna, le disprezza e le mette in disparte. Le questioni di genere e la sessualità attraversano l’opera di Taïa che scrive a partire dalla sua esperienza personale e a volte presta ai suoi protagonisti tratti autobiografici. In Marocco, ha incarnato la lotta per i diritti dei gay. Nato a Salé, vive a Parigi da diversi anni. Il suo stile – il caleidoscopio di punti di vista narrativi, le storie intrecciate, la ripetizione delle parole, le interruzioni, i pensieri e i dialoghi intercalati, gli spostamenti da un tipo di discorso all’altro – può allontanare alcuni lettori. L’andirivieni tra dimensioni ben distinte, il reale, il sogno, il passato, i ricordi, offre una dimensione poetica al romanzo, ma rischia di portarci fuori strada. Jules Crétois, Jeune Afrique

Tutto questo potrebbe essere tuo
264 pagine, 19,50 euro

“L’unico problema che aveva erano gli uomini, che le davano fastidio costantemente”: potrebbe essere il motto dell’ultimo romanzo di Jami Attenberg. La frase è pronunciata da Twyla, la nuora di un gangster misogino, Victor Tuchman, che sta morendo. Non è la sola a sentirsi così nei confronti degli uomini in generale, e di Victor in particolare. Anche la moglie di Victor, Barbra, e la figlia, Alex, si sono riunite per vedere se l’uomo che ha reso le loro vite miserabili morirà, e per capire quanto davvero gliene importi. Questa storia parla di loro. La maggior parte del romanzo si svolge in un solo giorno, subito dopo che Victor è stato ricoverato per un attacco di cuore. L’ambientazione è l’attuale New Orleans, dove Victor e Barbra si sono trasferiti dopo una lunga vita in una villa nel Connecticut, apparentemente per essere vicini al figlio Gary e a sua moglie e sua figlia, Twyla e Avery. Ma Victor è un uomo ingannevole, anche per i suoi figli. Ed è cattivo. Anche se non ci è rivelata l’esatta natura dei suoi crimini, apprendiamo che era un gangster del New Jersey, un marito e un padre violento, un donnaiolo, un tiranno e probabilmente uno stupratore. Sono le donne intorno a Victor – Barbra, Alex e Twyla – che devono sopportare l’uragano della sua vita, che devono cercare di amarlo, di renderlo felice, di proteggerlo, e che sono tutte rimproverate e aggredite da lui.
Ben Libman, The Guardian

La spiaggia degli affogati
492 pagine, 18,50 euro

Dopo l’esordio di Occhi di acqua, il giovane scrittore galiziano Domingo Villar torna con un romanzo profondo e umano come il precedente, ma più intenso, armato di maggiori risorse espressive, dotato di sfumature più sottili quando si tratta di dare profondità ai suoi personaggi, alle loro relazioni e al paesaggio in cui sono iscritti. I suoi protagonisti sono l’ispettore Leo Caldas, del commissariato di Vigo, e il suo assistente, un rozzo aragonese con la missione di mitigare la tendenza del capo alla moderazione. Sulla spiaggia di Panxón compare un cadavere: un pescatore di cui i vicini riescono solo a dire che era “troppo riservato”. Tutto farebbe pensare al suicidio, se non che l’uomo ha le mani legate. Ma non sono i morti a ferire l’ispettore, sono i vivi, e nel suo nuovo viaggio non vuole solo trovare un colpevole: vuole anche scoprire le ragioni profonde, e queste risalgono a qualcosa che è successo una notte di dicembre del 1996. Lo sguardo del detective ci fa indovinare, dietro l’accurata messa in scena, il paesaggio marittimo che impregna tutto, il mondo marinaro e le sue speciali idiosincrasie.
Pilar Castro, El Mundo

Le cose di prima
352 pagine, 19,00 euro

C’è stato un tempo in cui conoscevamo tutti i nostri vicini, i loro nomi, i loro figli, entravamo nelle loro case. Eravamo a tal punto parte della vita degli altri che non c’erano personaggi secondari. In quel tempo della nostra infanzia, tutte le vite avevano la dignità e il mistero di un’epopea. È questo tempo, perduto per sempre, che riscopriamo in Amélia, un sobborgo creato dall’autore a partire dal quartiere dove è cresciuto. Il suo romanzo ha una dimensione politica, perché non si limita a raccontare una bella storia, ci costringe a pensare criticamente al Portogallo. I personaggi di questo libro provengono da un luogo poco esplorato nella letteratura portoghese: i quartieri sociali, le città suburbane che gravitano intorno a Lisbona. Luoghi dove vagano figure in equilibrio tra iperrealtà e fantasmagoria. La profonda umanità di questo ritratto del Portogallo degli anni ottanta è fatta di piccoli dettagli altamente simbolici. Entrare ad Amélia è come conoscere il nome e la storia dei nostri antenati. Joana Emídio Marques, Observador

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1413 - 11 giugno 2021
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