Editoriali

Aprire le frontiere agli oppositori

“La guerra è l’inferno”. Questa frase, attribuita al generale statunitense William T. Sherman, sembra ancora più vera in questi giorni. L’Ucraina è diventata un inferno per i civili e per i soldati di entrambi gli schieramenti. A parte imporre sanzioni, il ruolo dell’Unione europea e dell’occidente si è limitato a portare via dalla guerra quanti più civili possibile. Il 18 marzo il parlamento danese voterà una legge speciale che garantirà ai profughi ucraini un permesso di soggiorno della durata di due anni. Molti hanno suggerito di estendere il provvedimento anche ai soldati russi e bielorussi che non vogliono combattere in Ucraina.

È una proposta condivisibile e importante, e dovrebbe valere anche per i russi che si oppongono al regime di Vladimir Putin. In un paese dove chiamare la guerra con il suo nome è un reato punibile con quindici anni di prigione, il resto del mondo dovrebbe offrire asilo a chi rischia la vita per contraddire la propaganda. Certo, sarebbe costoso e significherebbe accogliere centinaia di migliaia di persone. Ma il giudizio della storia sarà severo se non lo facciamo.

Ci sono molte ragioni per aprire le frontiere ai disertori e agli oppositori russi. Per prima cosa, abbiamo sentito dire più volte che il nostro avversario è Putin e non il popolo russo. Offrire asilo ai russi vorrebbe dire passare dalle parole ai fatti. Secondo, in questo modo i soldati russi che non vogliono uccidere i loro fratelli ucraini avrebbero una via di fuga. Gli ordini che ricevono nelle zone dove i civili sono colpiti continuamente sono disumani e ingiusti. Terzo, è un’occasione per sostenere la resistenza degli ucraini, che basano le loro speranze sui resoconti secondo cui il morale dei soldati russi è sempre più basso. Se la Danimarca e gli altri paesi europei possono gettare sabbia negli ingranaggi della macchina bellica russa, non c’è motivo di non farlo.

Offrire l’asilo politico ai disertori di un conflitto condannato da tutte le organizzazioni internazionali occidentali può sembrare ovvio, ma la storia insegna che non è affatto così. Anche la guerra nell’ex Jugoslavia era stata condannata dalla comunità internazionale, e i giovani jugoslavi erano incoraggiati a disertare. Molti lo fecero, ma incontrarono un rifiuto dopo l’altro. Alcuni disertori vissero per anni in Ungheria in condizioni miserevoli, sapendo che se fossero tornati nel loro paese avrebbero rischiato anni di carcere.

Per questo è importante sostenere chi adesso vuole prendere un’altra strada. La guerra è l’inferno sulla Terra. E anche se non possiamo fermarla, è giusto limitare la sofferenza umana e mostrare che c’è una via d’uscita. ◆ pb

La sinistra colombiana si sveglia

Le elezioni del 13 marzo in Colombia hanno aperto la strada alle presidenziali (il primo turno si terrà il 29 maggio). Ora lo scenario è dominato dal progressista Gustavo Petro, che ha stravinto le primarie della sua coalizione e ha ottenuto il miglior risultato di sempre per la sinistra colombiana alle legislative. Il successo di Petro è accompagnato dal crollo del centro e dal rafforzamento della destra moderata.

Le primarie della coalizione di sinistra Patto storico hanno registrato un’affluenza record di quattro milioni di votanti, anche grazie alla presenza della leader ambientalista Francia Márquez. L’alleanza Centro speranza invece è stata indebolita dai contrasti interni: il vincitore delle primarie Sergio Fajardo e i suoi due principali sfidanti hanno preso insieme meno della metà dei voti di Petro. La principale alternativa possibile alla sinistra è stata fortemente ridimensionata, e se non si riorganizzerà l’unico dubbio sarà su quale candidato finirà per sostenere. Sul fronte opposto l’ex sindaco di Medellín Federico Gutiérrez ha ottenuto una clamorosa vittoria nella coalizione di destra, che gli dà le credenziali per costruire un’ampia piattaforma.

Si profila chiaramente una sfida tra Petro e un vasto fronte unito contro di lui. Le analogie con le elezioni del 2018 sono ancora più forti. Oggi Petro dispone di una forza molto maggiore in parlamento, e la paura per un suo possibile trionfo non è più così grande. Ma la polarizzazione potrebbe tornare ad avvelenare la vita politica della Colombia, distruggendo lo spazio per il dibattito e rischiando di approfondire le ferite del paese. ◆ ff

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1452 - 18 marzo 2022
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