Editoriali

A Rafah si è passato ogni limite

In una guerra segnata da una lunga serie di atrocità, l’attacco israeliano del 26 maggio su Tel al Sultan – un’area della città di Rafah indicata da Israele come “sicura” per gli sfollati palestinesi – mostra che si è passato ogni limite. Oltre alle numerose morti tra i civili, gli incendi innescati dalle bombe israeliane hanno provocato orribili ustioni. Tutto questo nonostante gli avvertimenti della Corte internazionale di giustizia e di altre istituzioni, secondo cui qualsiasi operazione a Rafah avrebbe sicuramente causato morti e feriti tra i non combattenti.

L’esercito israeliano ha fatto sapere di aver avviato un’inchiesta, ma ha ribadito di aver colpito una base di Hamas “con munizioni precise e fondandosi su informazioni accurate”. Considerata la lunga serie di atrocità commesse dalle forze israeliane dall’inizio della guerra, pochi crederanno a queste affermazioni. Chi ha a cuore la vita dei palestinesi non è affatto rassicurato dai nuovi attacchi di Hamas contro Israele, come i razzi lanciati il 25 maggio su Tel Aviv. Invece di dissuadere le forze israeliane o risollevare il morale dei palestinesi, queste azioni mettono in pericolo i civili di Israele e offrono un pretesto ai suoi leader per proseguire nella punizione collettiva del popolo di Gaza.

Come trovare una via d’uscita? Questa settimana sono in programma altri colloqui per concordare un cessate il fuoco. Il direttore della Cia William Burns dovrebbe andare in Israele, Egitto e Qatar prima che i mediatori comincino un nuovo ciclo di negoziati. Ogni tentativo di fermare la carneficina è benvenuto, ma finora i progressi nelle trattative sono stati vanificati da atrocità come quelle di Tel al Sultan. Dovrebbe essere ormai chiaro che è necessaria una tregua prima di discutere del rilascio degli ostaggi israeliani o dei prigionieri palestinesi.

Questa guerra è diventata l’emblema di quelle situazioni in cui si ripetono sempre le stesse cose aspettandosi risultati diversi, o migliori. Ma in nessun modo Israele riuscirà unilateralmente a liberare gli ostaggi, distruggere Hamas e ristabilire la sicurezza nazionale. Al contrario, azioni come bombardare una tendopoli palestinese porterà solo a un maggiore isolamento internazionale del paese. Israele deve rispettare le decisioni della Corte internazionale di giustizia. Allo stesso modo Hamas, intrappolata nel vicolo cieco del militarismo, deve trovare una strada che porti alla fine dei combattimenti. La popolazione di Gaza ha già pagato un prezzo troppo alto. ◆ fdl

Pronti alla prossima pandemia

L’arrivo di una nuova pandemia non è una questione di “se”, ma di “quando”. Oggi il rischio è aggravato dalla crescita di popolazioni che vivono in zone densamente abitate e si spostano frequentemente. La crisi climatica, la deforestazione e un commercio degli animali con poche regole aumentano il potenziale epidemico delle malattie trasmesse dagli animali (o zoonosi), che rappresentano più del 70 per cento delle patologie infettive emerse negli ultimi decenni. Di recente il virus dell’influenza aviaria H5N1 ha infettato per la prima volta alcune mucche negli Stati Uniti e sono stati accertati due casi di trasmissione da bovino a umano.

È urgente preparare una risposta coordinata su scala globale, come messo in evidenza dal covid-19 quattro anni fa. All’epoca i vertici dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e i leader internazionali si erano impegnati a fare di meglio in futuro, visto che il virus e le sue varianti avevano evidenziato molte carenze, uccidendo sette milioni di persone nel mondo, accentuando le disuguaglianze e stravolgendo intere economie.

Nel dicembre 2021 l’Oms ha incaricato un gruppo di negoziatori di preparare un trattato vincolante per permettere a ogni paese di prevenire, individuare e tenere sotto controllo le epidemie, ma anche di garantire una distribuzione equa dei vaccini e delle cure. Purtroppo, dopo nove tornate di discussioni, non c’è ancora un’intesa. La speranza di raggiungerla è ancora viva ora che a Ginevra si riunisce la 77a assemblea mondiale della sanità. Il fallimento dei negoziati avviati finora mostra che l’urgenza scaturita dall’ultima pandemia è svanita e che gli interessi nazionali continuano a prevalere. Ma basta che un nuovo agente patogeno torni a minacciarci per ricordare che il mondo è un villaggio e che la salute è una sola. ◆ as

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1565 - 31 maggio 2024
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