Mi sono chiesto come possa aver reagito Bruno Vespa, abituato a collezionare primati: papa Francesco che durante l’Angelus, per la Giornata della memoria, esorta i fedeli a sintonizzarsi su Che tempo che fa (Nove) di Fabio Fazio per ascoltare le parole della poeta ungherese Edith Bruck, sopravvissuta alla Shoah. Non Porta a porta, dunque, la trasmissione che si guadagnò la definizione di “terza camera” dello stato – licenza costituzionale unica al mondo – ma il programma dell’esule del servizio pubblico. Mai, nella storia della tv, qualcuno aveva avuto l’onore di essere annunciato urbi et orbi dal rappresentante di Cristo in Terra, di essere citato come fonte al pari delle sacre scritture. Fazio come Marco e Luca, il talk show come moderna omelia, il teleschermo come strumento di catechesi. Un gesto ponderato che, mentre eleva il conduttore savonese a una sorta di moderna beatitudine, s’inserisce in quella tradizione di sguardo benevolo che il clero ha sempre riservato alla tv. Era il 1954 quando Pio XII, rivolgendosi ai vescovi, benedì il nuovo mezzo come “luminosa conquista della scienza” e “manifestazione delle mirabili grandezze di Dio”. Ma se agli albori della tv le immagini del piccolo schermo servirono a rassicurare i fedeli di tutto il mondo sulla salute e la vitalità del papa, oggi è Francesco stesso a impugnare il telecomando, restituendo alla malconcia tv il suo “alzati e cammina”. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati