◆ Al bar per colazione leggiamo sul giornale il commento di un critico che si chiede quando abbiamo smesso di desiderare il meglio e parla di funerale della speranza. Seguono notizie scoraggianti. Forse, per attivare un antidoto alla rassegnazione dei tempi, mi è tornato in mente un neologismo dantesco meraviglioso e rivoluzionario: immegliarsi . Rendersi migliori. Nel trentesimo canto del Paradiso era riferito agli occhi che si sgranavano per godere della corrente che rende partecipi della perfezione. Ma qui, e ora, a cosa attingere per rendersi migliori? L’amore può essere la forza rivoluzionaria che c’immeglia. Da solo, però, non ha implicazioni sociali. Così mi è venuto in mente Il principio speranza del filosofo marxista Ernst Bloch: l’importante è imparare a sperare. La speranza è lavoro contro quelli che terrorizzano. Un lavoro attivo che non permette di accontentarsi del cattivo presente. Un lavoro che non ha niente a che vedere con la provvidenza ultraterrena. Un lavoro che espande gli esseri umani invece di restringerli. Un gran principio che, tuttavia, è parte dell’enunciazione di un’utopia. Mi ha soccorso, infine, una frase tratta da un manualetto da bancarella intitolato Come si vince al braccio di ferro . Diceva: se è vero che al peggio non c’è limite, è altrettanto vero che nemmeno al meglio c’è limite. Speriamo bene! Immegliamoci tutti!
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Questo articolo è uscito sul numero 1603 di Internazionale, a pagina 12. Compra questo numero | Abbonati