La storia delle elezioni statunitensi è piena di previsioni sbagliate e di annunci prematuri. C’è una foto del 1948 in cui il democratico Harry Truman sventola sorridendo una copia del Chicago Daily Tribune che annuncia a tutta pagina la sua sconfitta e la vittoria del rivale, il repubblicano Thomas Dewey. Truman in realtà vinse le elezioni e quella foto è passata alla storia.
Negli Stati Uniti i network televisivi e i grandi mezzi d’informazione, come il New York Times o l’agenzia di stampa Ap, hanno un decision desk: un gruppo di esperti statistici e giornalisti che a un certo punto della notte elettorale comincia ad attribuire la vittoria dei vari stati a uno dei due candidati.
Evitare di sbagliare è fondamentale, ma arrivare prima degli altri lo è altrettanto.
Il New York Times ha raccontato qualche giorno fa che poco dopo le elezioni del 2020, in cui Joe Biden ha sconfitto Donald Trump, i vertici di Fox News, la rete di Rupert Murdoch grande sostenitrice di Trump, si sono riuniti per analizzare il loro errore.
Non perché avessero sbagliato ad annunciare la vittoria di Biden nello stato dell’Arizona, da cui dipendeva il risultato delle presidenziali, ma al contrario perché l’avevano azzeccata. E prima di tutti gli altri.
Il problema è che l’annuncio della sconfitta di Trump, in anticipo sul resto dei mezzi d’informazione, aveva fatto infuriare lo stesso Trump e gli spettatori della rete, provocando il crollo degli indici di gradimento del network.
Il risultato è stato che, per paura di continuare a irritare il suo pubblico, Fox News è stata l’ultima ad annunciare la vittoria di Biden a livello nazionale.
Nelle settimane successive la rete ha rimesso in discussione il processo di valutazione dei risultati, basato su un sofisticato sistema statistico costato milioni di dollari, e ha studiato l’idea di includere le reazioni degli elettori tra i criteri per decidere a quale candidato attribuire la vittoria.
Non solo: i due giornalisti della rete responsabili dell’annuncio, Bill Sammon e Chris Stirewalt, sono stati licenziati, colpevoli solo di aver fatto il loro lavoro fin troppo bene. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1502 di Internazionale, a pagina 7. Compra questo numero | Abbonati