Prima di partire per la Cina a capo di una missione conoscitiva dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) sulle origini del sars-cov-2, Peter Ben Embarek ha registrato un video in cui delineava lo stato delle conoscenze a gennaio del 2021: “Sappiamo che i primi casi negli esseri umani sono stati diagnosticati a Wuhan nel dicembre 2019”, diceva. “Sappiamo anche che questo virus appartiene a un gruppo che in origine si annida nelle popolazioni di pipistrelli. Tra questi due fatti c’è quasi il vuoto”. A distanza di sei mesi, non ne sappiamo molto di più. Probabilmente in realtà ne sappiamo meno, visto che i due “fatti noti” ora sono messi in discussione. Anche se l’indagine di Embarek ha concluso che una delle possibili origini del sars-cov-2, cioè la fuga accidentale da un laboratorio, è “molto improbabile”, questa terribile ipotesi non è stata ancora esclusa. Semmai si è rafforzata.
Il 23 maggio il Wall Street Journal ha pubblicato un articolo esplosivo secondo cui l’intelligence statunitense avrebbe le prove del fatto che tre dipendenti dell’Istituto di virologia di Wuhan, che da tempo conduce ricerche su coronavirus potenzialmente pericolosi dei pipistrelli, si erano rivolti a un ospedale con sintomi compatibili con il covid-19 nel novembre 2019. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden ha poi ordinato alla sua intelligence di stabilire se il virus è arrivato a noi naturalmente dalla fauna selvatica o da un laboratorio. L’origine del virus rimane una delle incognite più grandi, importanti e controverse della pandemia. “Dobbiamo assolutamente capire da dove viene”, dice David Robertson, un virologo evoluzionista dell’università di Glasgow, nel Regno Unito. “Dovremmo essere preoccupati che qualcosa di simile possa succedere di nuovo”.

Quindi quali sono le prove a favore e contro una fuga dal laboratorio? E quali ulteriori evidenze scientifiche sono necessarie per pronunciarsi sulla questione? Per ora c’è un consenso quasi unanime sul fatto che il sars-cov-2 abbia avuto origine in modo naturale in un animale selvatico, dice la microbiologa Rossana Segreto dell’università di Innsbruck, in Austria.Questa tesi è sostenuta anche dall’équipe guidata da Embarek, che il 9 febbraio, al termine della missione a Wuhan, ha detto che il virus sembra aver avuto origine nei pipistrelli, come si pensava inizialmente. Il rapporto dell’Oms, pubblicato il 28 febbraio, ribadisce questa ipotesi. Ma il 4 marzo un gruppo di scienziati ha pubblicato una lettera aperta sul New York Times chiedendo un’indagine indipendente sulla base del fatto che l’Oms non aveva “il mandato, l’indipendenza e l’accesso ai dati necessari per svolgere un’indagine completa e senza vincoli su tutte le ipotesi dell’origine del sars-cov-2”, inclusa la fuga dal laboratorio. Poche settimane dopo i governi di 14 paesi, tra cui Stati Uniti, Regno Unito e Australia, hanno espresso ufficialmente preoccupazione per il fatto che l’indagine dell’Oms “non aveva avuto accesso a dati e campioni completi e originali”. All’inizio di maggio la rivista Science ha pubblicato la lettera di 18 scienziati intitolata “Dobbiamo indagare sulle origini del covid-19”, in cui si sostiene che la teoria della fuga accidentale da un laboratorio e quella del salto di specie o spillover (in cui una malattia infettiva passa da un animale a un altro, in questo caso l’essere umano) “rimangono entrambe valide”. Uno dei firmatari è David Relman dell’università di Stanford in California, secondo cui l’ipotesi della fuga dev’essere studiata a fondo, se non altro per smontarla. “Ci sono ancora molti scienziati convinti che il virus abbia e possa avere solo un’origine naturale”, dice. “Non capisco bene perché”.
Cosa alimenta i dubbi
Molti dei dubbi sono alimentati dall’insoddisfazione per le indagini dell’Oms e dal sospetto di secondi fini della Cina. Il lavoro della squadra dell’Oms è stato “davvero difficile”, afferma Robertson, perché “Pechino vorrebbe portare la questione fuori dalla Cina”. Ma ci sono anche alcuni motivi scientifici per mettere in discussione l’opinione dominante. “Un’origine zoonotica non spiega facilmente alcune caratteristiche del sars-cov-2 prese nel loro complesso”, scrive Segreto su Environmental Chemistry Letters.
L’ipotesi della fuga dal laboratorio di solito punta il dito contro l’Istituto di virologia di Wuhan (Wiv), che è vicino al mercato dov’è scoppiato il primo grande focolaio di infezioni. L’istituto si occupa da tempo della raccolta e dell’analisi dei coronavirus dei pipistrelli. Nell’ipotesi della fuga, i ricercatori avrebbero armeggiato con un virus per scoprire le sue proprietà, forse in esperimenti di “guadagno di funzione”, in cui gli agenti patogeni sono modificati per renderli più dannosi, nel tentativo di capirli meglio. Questo virus modificato sarebbe poi sfuggito in qualche modo alla rete di sicurezza del laboratorio, secondo molti non eccellente.
Robertson sottolinea che non ci sono prove documentate di questi esperimenti. La squadra dell’Oms che ha visitato l’istituto non ne ha trovati. L’Istituto di virologia di Wuhan ha riferito di aver lavorato con un virus chiamato RaTG13, che è il parente più stretto conosciuto del sars-cov-2, con una somiglianza della sequenza genomica del 96,2 per cento. Ma geneticamente l’RaTG13 è abbastanza distante dal sars-cov-2 e chiaramente non è il suo immediato progenitore, afferma Robertson. “Non lavoravano sui virus giusti”, dice. Questo, ovviamente, non esclude esperimenti non documentati. Ci sono buoni motivi per pensare che l’istituto non sia sempre stato del tutto trasparente, secondo Relman. Per esempio, nel novembre 2020 il Wiv ha pubblicato una breve aggiunta a uno studio uscito su Nature a proposito dell’RaTG13, in cui rivelava che le missioni di campionamento fatte in una miniera di rame nello Yunnan, dov’è stato scoperto il virus, avevano prodotto anche altri otto coronavirus sconosciuti simili al virus della sars. L’aggiunta non forniva però ulteriori dettagli su questi virus.

Nel regno delle congetture
La cosa curiosa è che l’istituto era stato avvertito di quello che era successo nello Yunnan nel 2012, quando sei minatori si erano ammalati di una misteriosa malattia respiratoria dopo essere entrati nella miniera per ripulire il guano di pipistrello, e tre di loro erano morti. L’istituto ha poi testato i campioni prelevati dai minatori e ha confermato che non erano stati infettati dal sars-cov-2, ma non ha determinato cosa avesse causato la malattia, dicendo solo che si trattava di “un virus sconosciuto”. L’omissione iniziale, e la successiva ammissione, di queste informazioni non è stata adeguatamente giustificata, afferma Relman. Abbiamo chiesto un commento a Shi Zheng-Li, che dirige la ricerca sui coronavirus dei pipistrelli all’Istituto di virologia di Wuhan ed è l’autrice principale dell’aggiunta, ma non ha risposto. Comunque, passare da questo a postulare esperimenti segreti finiti in modo orribile significa entrare nel regno delle congetture, dice Robertson. “A quel punto tutto perde di senso, perché non si tratta più di fatti. A meno che non ci siano prove concrete che il laboratorio stava lavorando su virus strettamente legati a quello ‘sfuggito’, diventa una teoria del complotto”.
Tuttavia, i sostenitori dell’ipotesi della fuga dal laboratorio possono puntare su alcune ambiguità nei misteriosi dettagli della biologia molecolare del virus. Nessuno di questi è di per sé una prova inconfutabile, ma nell’insieme consentono di mettere in discussione l’ipotesi dell’origine naturale, sostiene Segreto. Per esempio, il virus ha un “sito di scissione della furina”, una parte della proteina spike che lo aiuta a entrare nelle cellule ospiti. Molti coronavirus hanno questo strumento, ma il sars-cov-2 è l’unico del sottogenere sarbecovirus ad averlo. Un’altra regione della proteina spike, il “motivo di legame del recettore”, sembra essere stranamente adattata ad attaccarsi alle cellule umane. Questo adattamento è stato osservato anche nel virus sars originale, il sars-cov-1, che causò un’epidemia nel 2003, ma solo molto tempo dopo essere passato agli esseri umani. Il ceppo di sars-cov-2 di Wuhan l’ha avuto fin dall’inizio, come se fosse “pre-adattato” agli esseri umani.
Queste e altre peculiarità molecolari sono teoricamente compatibili con un virus manipolato in laboratorio, dice Segreto, possibilmente con un metodo chiamato “passaggio seriale”, grazie al quale si ottiene l’adattamento del virus all’essere umano facendogli infettare cellule allevate in coltura, selezionando le varianti che funzionano e ripetendo il processo. Andiamoci piano, dice Robertson. “L’affermazione ‘non sembra naturale’ è assurda, perché tutte queste caratteristiche, il sito di scissione della furina e il motivo di legame del recettore, sono tipiche dei virus naturali”. Una sezione quasi identica del sito di scissione della furina, per esempio, è stata da poco scoperta in Thailandia in un pipistrello sarbecovirus, spiega. Un recente studio dell’università ShanghaiTech (passato per la peer review, la revisione di altri scienziati) riporta che i siti di scissione della furina sono comuni nella famiglia dei coronavirus e sembrano essersi evoluti in modo indipendente più volte in diversi lignaggi. Questo, dicono gli autori, conferma l’ipotesi dell’origine naturale.

Il sospetto dell’innaturalità sorge, dice Robertson, a causa di un fenomeno chiamato ricombinazione. L’enzima che copia il genoma virale è altamente promiscuo e, in una cellula di mammifero infettata da due coronavirus, può unire frammenti di entrambi i genomi virali in nuove combinazioni. Questo può causare la comparsa improvvisa di caratteristiche molecolari incongrue in una discendenza virale, come per magia o per manipolazione. Se ci aggiungiamo la ricombinazione, è possibile costruire un albero evolutivo perfettamente naturale dei sarbecovirus, compreso il sars-cov-2. “Quello che è chiaro a chiunque abbia lavorato in questo campo è che il sars-cov-2 è in realtà solo un lignaggio fratello del virus della sars emerso per la prima volta nel 2002”, afferma Robertson. Per quanto riguarda l’ipotetico “pre-adattamento” agli esseri umani, non c’è niente da capire, dice. Il virus si è semplicemente evoluto per essere un generalista, il che gli ha consentito di estendere la sua gamma naturale di ospiti dai pipistrelli ad altri mammiferi, che accidentalmente includono gli esseri umani. Il virus, infatti, infetta con la stessa facilità molte altre specie tra cui i visoni, i pangolini e i gatti.
Robertson ammette che neanche l’ipotesi dell’origine naturale è dimostrata. Dovrebbe esserci un virus naturale geneticamente abbastanza vicino al sars-cov-2 da essere plausibilmente il suo antenato diretto. “È molto probabile che l’antenato immediato del sars-cov-2 esista in natura e non sia ancora stato scoperto”, dice Jonathan Stoye del Francis Crick institute di Londra. Ma Robertson dice anche che cercarlo è come cercare un ago in una grotta di pipistrelli. I pipistrelli portatori di coronavirus simili al sars vivono in tutta la Cina e nel sudest asiatico e gli attuali livelli di campionamento non bastano. Sottolinea anche che lui e i suoi colleghi andranno dove la scienza li porta. “Se domani emergesse una prova convincente dell’ipotesi della fuga dal laboratorio, l’accoglieremmo”. Per ora entrambe le ipotesi restano in piedi. Sono in corso ricerche per confutare l’una o l’altra, anche da parte della squadra dell’Oms. Biden ha dato all’intelligence statunitense novanta giorni per riferirgli i risultati. Ma per scoprire le origini del sars-cov-1 ci è voluto un decennio, senza l’ostacolo della geopolitica. Non aspettatevi che ci riescano così presto. ◆ bt
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Questo articolo è uscito sul numero 1412 di Internazionale, a pagina 18. Compra questo numero | Abbonati