Il 14 settembre la procura di Palermo ha chiesto sei anni di carcere per Matteo Salvini, vicepresidente del consiglio italiano, ministro delle infrastrutture e dei trasporti, e leader della Lega. Sotto accusa è il suo comportamento, nell’agosto 2019 quando era ministro dell’interno, nella vicenda della nave spagnola per il soccorso in mare Open Arms. Per diciannove giorni Salvini ha impedito lo sbarco dei 147 migranti a bordo, che restarono bloccati al largo dell’isola di Lampedusa. La situazione era estremamente critica: c’erano solo due bagni, tutti dormivano per terra, tredici persone si erano buttate in mare e 27 minori erano stati fatti sbarcare. Per questo era intervenuto il procuratore di Agrigento, ordinando lo sbarco dei migranti e aprendo un’inchiesta. Salvini è stato rinviato a giudizio con l’accusa di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio.

Diritti umani

Il processo, durato tre anni, sta per concludersi. L’ultima udienza, con l’arringa finale della difesa, si terrà il 18 ottobre. In seguito arriverà la sentenza di primo grado, contro cui si potrà ricorrere in appello.

Òscar Camps, fondatore dell’ong Open Arms, ha detto che è “un giorno importante per la giustizia italiana ed europea. È un peccato non poter essere qui con le 147 persone che hanno sofferto inutilmente per questo sequestro. Siamo contenti di questa richiesta e ci siamo emozionati quando i pubblici ministeri hanno dedicato la requisitoria alle persone soccorse. Il caso Open Arms è unico, senza precedenti, diverso da quelli contro altre ong, perché lo sbarco in Italia è stato impedito volutamente e in modo arbitrario. È stata una decisione personale di Salvini, non una linea politica del governo”.

“In questo processo affrontiamo il tema dei diritti umani, la vita, la salute e la libertà personale che prevalgono sul diritto a difendere i confini”, hanno detto i pubblici ministeri, che riferendosi a Salvini hanno affermato: “Quelle sue inedite posizioni diedero luogo a un vero e proprio caos istituzionale, una situazione che avrebbe portato ad approntare soluzioni di fortuna. La strategia perseguita fu di piegare le norme alla politica dei porti chiusi”. E hanno aggiunto che l’allora ministro dell’interno agì “nell’intenzionale e consapevole spregio delle regole”.

Salvini aveva l’obbligo di assegnare alla nave un “porto sicuro”, cosa che non fece. La procura ha fatto notare che a bordo c’erano 32 minori e la maggior parte fu fatta scendere solo dopo alcuni giorni. I minori sono “vittime altamente vulnerabili, non migranti non identificati. Dovevano essere accolti immediatamente. La persona in mare è da salvare, ed è irrilevante la sua classificazione. Che sia un migrante, un componente di un equipaggio, un passeggero”, hanno aggiunto i pubblici ministeri.

La richiesta di condanna del ministro è un duro colpo per Giorgia Meloni e mette in discussione la sua politica

Modalità aggressiva

La presidente del consiglio Giorgia Meloni, che condivide la linea dura di Salvini, ha reagito pochi minuti dopo la richiesta di condanna: “È incredibile che un ministro della repubblica italiana rischi sei anni di carcere per aver svolto il proprio lavoro difendendo i confini della nazione, così come richiesto dal mandato ricevuto dai cittadini. Trasformare in un crimine il dovere di proteggere i confini italiani dall’immigrazione illegale è un precedente gravissimo. La mia totale solidarietà al ministro Salvini”, ha scritto su X, scatenando la reazione delle opposizioni.

Il leader della Lega, che non si è presentato all’udienza, ha poi scritto sui social media: “Sei anni di carcere per aver bloccato gli sbarchi e difeso l’Italia e gli Italiani? Follia. Difendere l’Italia non è un reato. Io non mollo, né ora né mai”. Ha aggiunto in un video: “Mi dichiaro colpevole di aver difeso l’Italia e gli italiani, colpevole di aver mantenuto la parola data”. Nei mesi precedenti aveva detto di essere orgoglioso di quello che ha fatto e che se fosse tornato indietro avrebbe preso le stesse decisioni.

Salvini e la Lega sono in crisi. Il leader leghista, che ora è ministro dei trasporti, sta usando il processo per presentarsi come una vittima e per mobilitare il suo elettorato. Il partito ha già annunciato iniziative nelle prossime settimane per sostenere Salvini, che ha ricevuto anche l’appoggio di Elon Musk. Il proprietario di X già in passato aveva sostenuto il leader dell’estrema destra e stavolta ha detto che il procuratore è “pazzo” e che dovrebbe andarci lui in prigione.

A prescindere da Salvini, il processo porta sul banco degli imputati due temi: l’aggressività dell’estrema destra nell’affrontare il tema dell’immigrazione e lo scontro con le ong che si occupano di soccorrere i migranti in mare. La vicenda della Open Arms ebbe grande risonanza mediatica, l’attore Richard Gere andò personalmente a dare il suo sostegno all’equipaggio, mise in luce l’offensiva del governo italiano contro l’immigrazione irregolare, evidenziando le carenze dell’Unione europea nell’affrontare il problema. Cercando di attuare la sua politica dei porti chiusi, Salvini ha combattuto contro la nave spagnola la battaglia principale tra quelle contro le ong.

Ora bisogna aspettare l’esito del processo. In Italia le sentenze diventano definitive solo dopo l’ultimo grado di giudizio, ed è frequente che siano ribaltate. Le udienze possono trascinarsi per anni, e questo spesso impedisce di chiarire le responsabilità politiche fino al momento della sentenza definitiva.

In ogni caso la richiesta di condanna per il vicepresidente del consiglio è un duro colpo e mette in discussione le basi della sua politica sull’immigrazione, una delle priorità del governo su cui il processo ha posto l’accento. I pubblici ministeri hanno inquadrato la posta in gioco nella loro requisitoria: “Il principio chiave è quello del soccorso in mare, che viene dall’Odissea, da tempi ancestrali. Perfino in guerra c’è l’obbligo del salvataggio in mare, a conferma dell’universalità dei beneficiari”. In nome di questo principio, quell’estate del 2019 il comandante della Open Arms sfidò sia il governo spagnolo, che non gli aveva dato il permesso di effettuare operazioni di salvataggio, per evitare incidenti con l’Italia, sia quello italiano, che in precedenza aveva vietato all’imbarcazione di entrare nelle acque territoriali italiane dopo aver soccorso i migranti.

Decisione individuale

La difesa di Salvini sostiene che il blocco della Open Arms fu una decisione dell’intero governo presieduto da Giuseppe Conte, un esecutivo che all’epoca era formato dal Movimento 5 stelle e dalla Lega. e che si trattò di un atto politico collegiale, per il quale non si può processare una sola persona. Ma Conte e i ministri di quel governo hanno testimoniato al processo e negano questa cosa. Dicono che la decisione è stata esclusivamente di Salvini.

Elisabetta Trenta, ex ministra della difesa, e Danilo Toninelli, ex ministro delle infrastrutture, entrambi dei cinquestelle, avevano firmato il primo decreto che vietava lo sbarco, ma rifiutarono di rifarlo quando quella decisione fu annullata da un tribunale italiano. Entrambi al processo hanno testimoniato che Salvini agì di sua iniziativa.

L’episodio coincise anche con la caduta del governo italiano, voluta dallo stesso Salvini, che all’epoca si sentiva sicuro di sé perché i sondaggi davano la Lega come primo partito, e lui voleva nuove elezioni. Con i suoi gesti propagandistici, tra questi l’opposizione frontale alla Open Arms, Salvini, ancora ministro, voleva trasformare il caso in un simbolo della linea dura sull’immigrazione. Quella mossa però gli si ritorse contro: il nuovo governo Conte fu formato senza la Lega.

Migranti
Se Roma è un modello per Londra

◆ Dopo la requisitoria dei pubblici ministeri del tribunale di Palermo, la stampa europea ha commentato il processo Open Arms. Michael Braun, corrispondente in Italia del quotidiano berlinese Die Tageszeitung, ricostruendo la vicenda scrive: “Nel primo governo Conte Matteo Salvini si era assicurato il ministero dell’interno perché la considerava una posizione ideale per portare avanti la sua brutale politica di espulsione dei migranti”. Il Financial Times, invece, sottolinea che “una condanna definitiva potrebbe impedire a Salvini di ricoprire una carica governativa”. Pochi giorni dopo la richiesta dei sei anni di carcere per il leader della Lega, la presidente del consiglio Giorgia Meloni ha incontrato il premier britannico Keir Starmer. In un editoriale il quotidiano britannico The Guardian critica Starmer per aver elogiato il lavoro svolto “a monte” da Giorgia Meloni per ridurre l’immigrazione irregolare: “Un governo di centrosinistra dovrebbe occuparsi di elaborare una risposta umanitaria alla crisi, che include la previsione di percorsi più sicuri e un sistema di asilo con più risorse. Quanto fatto finora da Meloni non può essere un modello per il Partito laburista”. Il quotidiano francese Le Monde scrive che il premier britannico sembra interessato ad alcune “soluzioni” dell’estrema destra italiana. Starmer ha infatti “apprezzato il piano Meloni nella parte in cui prevede una maggiore cooperazione con i paesi africani in tema di immigrazione”.


Per difendersi dalle accuse, Salvini ha detto che a bordo della Open Arms potevano esserci dei terroristi, ipotesi esclusa durante il processo dalle forze dell’ordine, e che l’obiettivo era costringere gli altri paesi europei a trovare un accordo sulla redistribuzione degli immigrati nel continente. Su questo l’accusa è stata chiara: “Prima si fanno scendere i migranti, che a bordo erano in una situazione di rischio, poi si redistribuiscono. Altrimenti si rischia di fare politica sulla pelle di chi soffre”.

I pubblici ministeri hanno ricostruito dettagliatamente il contesto politico in cui si sono svolti i fatti, affermando che Salvini era deciso a portare i suoi interessi fino alle estreme conseguenze, anche violando la legge: “Il governo puntava a sensibilizzare l’Unione europea per ottenere una redistribuzione equa dei migranti”, afferma la procura, “e il ministro dell’interno ha ritenuto di poter usare il principio dei porti chiusi come strumento di difesa delle frontiere e di pressione sugli altri stati europei. E di fronte al fallimento di questo sistema si è deciso di non cambiarlo, ma di avventurarsi in atti amministrativamente illegittimi e penalmente rilevanti”.

È tornata la linea dura

L’offensiva del governo Conte contro l’immigrazione, guidata da Salvini, era cominciata nell’estate del 2018, appena insediato il nuovo esecutivo. Si era aperta a giugno con la crisi dell’Aquarius, una nave per il soccorso in mare con più di seicento persone a bordo a cui fu impedito di attraccare. Ma il governo spagnolo, nato da poco e guidato dal socialista Pedro Sánchez, accolse la nave nel porto di Valencia, per dare un segnale opposto sull’immigrazione.

Si trattò di un gesto isolato: l’anno successivo, infatti, anche Madrid cercò di impedire alla Open Arms di svolgere le operazioni di soccorso nel Mediterraneo. La crisi della Open Arms è stata l’ultima affrontata in tema di immigrazione dal governo cinquestelle e leghista, che cadde in quelle settimane. I cinquestelle formarono in seguito un governo con il Partito democratico. Ci fu poi quello di unità nazionale guidato da Mario Draghi. La vittoria della coalizione di estrema destra guidata da Giorgia Meloni, nell’ottobre 2022, ha portato di nuovo Salvini al potere, come vicepresidente del consiglio e ministro delle infrastrutture.

È stata adottata di nuovo la linea dura, ma la Meloni è più astuta: ha evitato lo scontro frontale introducendo una serie di regole che rendono la vita impossibile alle ong. Devono fare un salvataggio alla volta e condurre i migranti nel porto che gli viene assegnato, anche se è molto lontano. Il principio su cui si discute è sempre lo stesso: è il diritto internazionale a disciplinare l’obbligo di salvataggio dei naufraghi o la legge italiana?

Le autorità italiane hanno già bloccato venticinque navi per il soccorso in mare, accusate di non aver rispettato le regole. Tra queste anche la Geo Barents, l’imbarcazione di Medici senza frontiere, ma in questo caso il giudice ha tolto il fermo amministrativo. Nel frattempo l’Italia ha stretto accordi con Tunisia, Libia ed Egitto per frenare e intercettare i migranti prima che arrivino in Italia: nel 2024 il loro numero è diminuito del 61 per cento rispetto al 2023. ◆ fr

Íñigo Domínguez è un giornalista del quotidiano spagnolo El País. È stato il corrispondente in Italia del quotidiano del Paese Basco, El Correo.

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Questo articolo è uscito sul numero 1581 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati