La mia colazione spagnola consiste invariabilmente in pane tostato con un filo d’olio d’oliva e pomodoro fresco, accompagnato da un caffè forte. Per mesi ho ridotto la quantità d’olio di oliva visto l’improvviso aumento dei prezzi. Ora anche la mia dose di caffeina potrebbe essere intaccata da un rincaro. Nel 2023 il costo del robusta, la varietà usata per il caffè istantaneo e in alcune miscele per l’espresso, è aumentato del 60 per cento. Di recente ha raggiunto un record che non toccava da quasi cinquant’anni. E presto quest’impennata nei prezzi all’ingrosso si rifletterà sugli scaffali dei supermercati.
Se chiedete spiegazioni a chi si occupa del commercio di materie prime avrete una sola risposta: le cause sono le cattive condizioni meteo in Vietnam, il principale produttore mondiale di robusta, e la concorrenza con un’altra coltura, nello specifico il durione, destinato all’esportazione verso la Cina. Allo stesso tempo è cresciuta la domanda di robusta, perché nel 2023 le torrefazioni avevano previsto che la crisi legata all’aumento del costo della vita avrebbe spinto i consumatori a orientarsi verso miscele di caffè più economiche.
Si parla meno invece di una tendenza che sta rimodellando il mercato: la Cina mostra di apprezzare il caffè sempre di più, annunciando così un’epoca in cui i prezzi della bevanda saranno probabilmente più alti e più a lungo che in passato. Anche se difficilmente i prezzi arriveranno ai livelli più alti visti di recente.
Tanto per cominciare diamo uno sguardo al mercato: a Londra il prezzo del robusta ha superato i 4.200 dollari alla tonnellata, il massimo in termini nominali degli ultimi 45 anni. I prezzi restano però inferiori al picco storico raggiunto nel marzo 1977: 6.788 dollari alla tonnellata. Aggiustato per l’inflazione, quel prezzo equivale oggi a più di 35.632 dollari alla tonnellata. Negli ultimi giorni i prezzi del robusta si sono un po’ calmati grazie a segnali che promettono un miglioramento delle condizioni meteorologiche in Vietnam. Il mercato dell’arabica, un chicco di solito più costoso e di qualità superiore, è meno agitato. A New York i prezzi sono saliti a 2,5 dollari alla libbra (1,25 dollari al chilo), tra i più alti nell’ultimo decennio. Sono però inferiori rispetto ai picchi raggiunti nel 2011, nel 1997, nel 1986 e nel 1977, quando i cattivi raccolti in Brasile avevano fatto schizzare i prezzi alle stelle.
Una variabile importante
E ora uno sguardo al futuro: il mercato dovrebbe cominciare a calmarsi nei prossimi mesi, grazie a un tempo più favorevole in Vietnam. È probabile che i prezzi così alti incidano sull’aumento della domanda, ma anche che il crescente successo del caffè in Cina impedisca ai prezzi di scendere troppo. Da tempo il settore scommette sul gigante asiatico. Ma fino a non molto tempo fa la Cina era rimasta fedele al tè. Inoltre la convinzione che potesse diventare il prossimo paese assetato di caffè aveva subìto un duro colpo dopo lo scandalo finanziario che aveva colpito nel 2020 la Luckin Coffee, la principale catena cinese di caffè di marca.
Da allora, tuttavia, la domanda cinese è cresciuta in modo significativo e il paese asiatico è diventato una variabile importante nell’equilibrio globale tra domanda e offerta. Nell’ultimo anno le importazioni cinesi sono aumentate, contribuendo a consolidare l’idea che il mercato stia per cambiare. Nel 2023 la Cina è diventata il settimo paese al mondo per consumo di caffè, un risultato notevole se si considera che fino a quindici anni fa non era neanche tra i primi quindici e vent’anni fa neanche tra i primi trenta. “Il settore in Cina sta attraversando un periodo di rapida espansione”, ha dichiarato Jinyi Guo, direttore esecutivo della Luckin Coffee, che ha definito il 2024 un anno “cruciale” per confermare questa tendenza.
L’anno scorso il consumo di caffè in Cina ha raggiunto i cinque milioni di sacchi (da sessanta chili ciascuno), più del doppio rispetto a dieci anni fa. E la domanda è destinata ad aumentare: con un consumo pro capite annuo che in media si attesta a sole tredici tazze, il paese è in ritardo rispetto al Giappone, principale consumatore nella regione (con 280 tazze) e molto indietro rispetto agli Stati Uniti (380 tazze). E qui entra in gioco la più rapida diffusione di caffetterie di marca nella storia del settore. Con più di cinquantamila punti vendita, nel 2023 la Cina ha superato gli Stati Uniti diventando il paese che ne ha di più al mondo. Quest’anno la Starbucks da sola inaugurerà due punti vendita al giorno in Cina. Anche altre catene come Luckin Coffee, Tims China e KCoffee si stanno espandendo.
Anche se non tutti sono redditizi, è evidente che più negozi di questo tipo ci sono, più sacchi di caffè si consumano. Judith Ganes, una consulente nel settore del caffè, avverte però di non lasciarsi “trarre in inganno” dalle aperture: molte di queste attività vendono anche altre bevande, soprattutto tè. E spesso sono più “un’esperienza”, con giovani coppie sedute per ore a sorseggiare una tazza di tè invece del rapido avvicendarsi di consumatori che si vede nel Nordamerica e in Europa.
Sarà cruciale capire se la Cina riuscirà a trasformare il caffè da “bevanda di moda” a “bevanda quotidiana” e se i prezzi alti faranno deragliare il processo. Nell’ultimo trimestre le catene cinesi hanno registrato una diminuzione significativa dei clienti, segno del fatto che i consumatori sono sensibili alle variazioni di prezzo. D’altro canto i sondaggi indicano che la popolarità del caffè è in ascesa, e non solo nelle versioni con il latte, a lungo preferite dai cinesi, ma anche sotto forma di espresso più forte o miscele di americano. Nel primo trimestre le importazioni cinesi sono state in media il doppio rispetto allo stesso periodo del 2019.
Per molto tempo il caffè è stato una delle poche materie prime che era possibile analizzare senza prestare troppa attenzione alla Cina. Ora non è più così. ◆ gim
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Questo articolo è uscito sul numero 1563 di Internazionale, a pagina 101. Compra questo numero | Abbonati