Gli elettori hanno impedito alla democrazia indiana di cadere nel baratro. Il primo ministro Narendra Modi ha conquistato il terzo mandato consecutivo ma il suo partito, il Bharatiya janata party (Bjp), non è riuscito a ottenere la maggioranza semplice alla camera bassa del parlamento, e questo obbligherà Modi a far affidamento su alleati imprevedibili. Certo, nella varie parti del paese si sono registrati risultati diversi. Ma il Bjp ha perso stati chiave – tra cui l’Uttar Pradesh, una sua roccaforte – perché gli elettori preoccupati per i problemi economici hanno respinto la crescente attenzione del premier per l’estremismo nazionalista indù e la sua retorica alimentata dall’odio.

È difficile sopravvalutare l’importanza di questo cambiamento. Per anni il Bjp ha mantenuto una presa salda sul potere e ha usato questo controllo in modo inedito e antidemocratico. Ha avuto finanziamenti tre volte superiori a quelli di tutte le altre forze politiche, messi insieme grazie a un sistema opaco di donazioni che di fatto ha istituzionalizzato la corruzione ad alti livelli. Si è anche affidato alla polizia per reprimere i partiti d’opposizione, congelando i loro conti bancari e incarcerando i dissidenti. Anche le statistiche ufficiali non sono state immuni da manipolazioni.

Nonostante il buon risultato, l’aura d’invincibilità costruita da Narendra Modi è andata in frantumi. Perfino nella sua circoscrizione di Varanasi il margine di vittoria si è ridotto

I mezzi d’informazione tradizionali inoltre hanno dato man forte al Bjp, accettando come una cosa normale il rifiuto di Modi di tenere conferenze stampa. Mentre i giornalisti indipendenti venivano minacciati, quelli vicini al governo si sono dati da fare per amplificare le bugie che favorissero il Bjp.

Queste elezioni non sono state né libere né giuste, ma hanno molto da insegnare. Tanto per cominciare, è evidente che la capacità del governo di controllare la narrazione sta diminuendo. Mentre le élite indiane e gli osservatori esterni hanno creduto alle affermazioni del Bjp sulla prosperità economica, del presunto boom del paese ha beneficiato solo una piccola parte della popolazione. La maggioranza degli indiani deve fare i conti con occupazione in calo, salari stagnanti e aumento dei prezzi.

I limiti dell’agenda politica divisiva del Bjp stanno diventando sempre più evidenti. Durante la campagna elettorale Modi e il suo partito hanno alimentato le paure e i pregiudizi degli indù, sostenendo che il partito del Congress, all’opposizione, avrebbe sequestrato i beni dei cittadini per distribuirli a “coloro che hanno più figli”, cioè i musulmani. La cosa interessante è che la maggior parte delle circoscrizioni in cui sono stati pronunciati questi discorsi ha votato contro il Bjp.

Nonostante il buon risultato, insomma, l’aura d’invincibilità costruita da Modi è andata in frantumi. Perfino nella sua circoscrizione di Varanasi il margine di vittoria si è ridotto di quasi due terzi.

A quanto pare la diffusione di notizie false e propaganda attraverso gli organi d’informazione e i social network è utile fino a un certo punto. Fino a poco tempo fa il Bjp usava il suo potere per controllare la televisione, la radio e i giornali e dominava i social network attraverso una vasta rete di gruppi WhatsApp e troll. Nonostante questi sforzi però, le voci critiche hanno guadagnato terreno, sostenute da media indipendenti, giovani blogger e YouTuber.

Questi risultati elettorali avranno ovviamente conseguenze molto più ampie. Ora il Bjp dovrà fare affidamento sugli alleati di coalizione ed essere in grado di scendere a compromessi, capacità che né Modi né Amit Shah, il suo ministro dell’interno, possiedono.

La storia indiana, tra l’altro, contraddice l’affermazione secondo cui un governo di coalizione è negativo per l’economia. Se da un lato le alleanze possono essere più instabili, dall’altro sono più democratiche e inclusive. Gli accentratori autoritari, invece, hanno più probabilità di commettere errori. Basta pensare alla disastrosa demonetizzazione voluta da Modi nel 2016 o ai rigidi lockdown durante la pandemia, misure imposte senza consultare i governi locali o gli altri partiti politici. Magari le istituzioni che hanno ceduto alle richieste del Bjp ora riscopriranno il loro ruolo e opereranno in modo autonomo. Questa trasformazione potrebbe perfino costringere l’esecutivo ad affrontare i problemi reali, invece di affidarsi alla propaganda e di favorire le divisioni.

La democrazia indiana, tuttavia, non è ancora fuori pericolo. Eliminare il veleno dell’odio religioso che il Bjp ha iniettato nella società potrebbe richiedere tempo. Allo stesso modo le istituzioni compromesse dalle tattiche autoritarie di Modi non torneranno facilmente a una piena autonomia. E l’uso politico dei tribunali potrebbe perfino intensificarsi man mano che il potere di Modi si farà più precario. La politica del paese, però, è tornata a fondarsi sulla competizione, per quanto caotica. E centinaia di milioni di indiani possono sentirsi sollevati. ◆ gim

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Questo articolo è uscito sul numero 1567 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati