Nik Zanella sospettava da tempo che in Cina il surf fosse praticato da più di un migliaio di anni. Nel corso delle sue ricerche si era imbattuto in antiche poesie e opere letterarie da cui si intuiva che i cinesi cavalcavano le onde già durante la dinastia Tang (618-907) e quella Song (960-1279), ma non era mai riuscito a trovarne le prove. Fino a quando, nel 2006, per puro caso, ha scoperto un’opera murale nel tempio di Qiongzhu, a Kunming, una città nella provincia meridionale dello Yunnan. Davanti ai suoi occhi increduli una figura avvolta in una tunica cerimoniale cavalcava ridendo un pesce mitico tenendo le braccia allargate per trovare l’equilibrio. Era un monaco in una classica posizione da surfista hawaiano.

Zanella, un italiano che pratica il surf da quando era piccolo, ha capito subito che il sorriso del monaco alludeva a una sorta di nirvana sportivo. L’opera sembrava la prova definitiva che, per quanto potesse sembrare improbabile, il surf affondava le sue radici in Cina. A quel punto Zanella, in preda all’eccitazione, è andato a cercare l’abate del tempio di Qiongzhu: era impegnato ad accogliere i turisti ma alla fine ha accettato con riluttanza di seguirlo. “Non aveva idea di cosa stessi dicendo”, ricorda Zanella. “Non capiva perché gli parlassi del surf, ma era incuriosito dal fatto che un occidentale gli rivolgesse quelle strane domande. Ho dovuto fisicamente trascinarlo davanti al murale e chiedergli ‘cosa sta facendo questo tizio?’. A quel punto ha capito. Mi ha spiegato che in Cina non si chiama surf, ma nong chao er, che significa ‘figli dell’onda’”.

Ale&Ale

In seguito la traduzione in inglese di quell’espressione è diventata il titolo del libro di Zanella, Children of the tide, in cui ripercorre la lunga storia del surf in Cina con alcune deviazioni dal tema principale, come il racconto della passione di Mao Zedong per il nuoto nei fiumi e negli oceani. Il saggio, pubblicato dopo cinque anni di ricerche ed elogiato sia dagli storici sia dagli appassionati di surf, affronta un tema in precedenza trascurato. Secondo Zanella l’autore del bassorilievo di Kunming, realizzato nel 1880, si era probabilmente ispirato agli uomini che a Hangzhou, nella provincia dello Zhejiang, cavalcavano un mascheretto, ovvero un fronte d’onda consistente e impegnativo, su cui si avventurano solo i surfisti più esperti. Oggi in Cina la maggior parte degli appassionati pratica il surf sull’isola di Hainan, dove si allenano le numerose squadre provinciali del paese approfittando del clima mite e delle condizioni favorevoli per tutto l’anno.

Hainan è anche il luogo dove Zanella vive da quasi quindici anni. Per buona parte della sua vita da adulto (oggi ha 56 anni) si è guadagnato da vivere insegnando o scrivendo di surf, e ha esplorato ogni località della costa in cui è possibile surfare, spingendosi fino alla quasi inaccessibile Corea del Nord. In Cina tutti gli appassionati di surf conoscono Zanella, il laowai (lo straniero) più illustre della parte nordorientale di Hainan. Zanella racconta che a volte trascorre intere settimane senza pronunciare una parola in italiano, perché con i suoi giovani allievi, con la moglie Yang Li e il figlio Amos parla solo cinese.

“Il surf crea dipendenza. Il corpo produce grandi quantità di endorfine”

Attualmente allena dieci componenti della squadra provinciale del Sichuan. Di recente è tornato da un viaggio di reclutamento in cui ha fatto il giro delle scuole dove erano stati segnalati dei potenziali surfisti che attendevano il suo giudizio. Per essere selezionati, gli aspiranti devono rispettare parametri fisici piuttosto severi.

“Dovevamo esaminare un gruppo di 250 ragazzi. Tutti hanno svolto esercizi basati su un test internazionale di idoneità”, spiega Zanella. “Cerco ragazzi che abbiano buon equilibrio e coordinazione, non troppo alti, con gambe forti anche se corte, braccia lunghe. Non prendiamo ragazzi sovrappeso o con gli occhiali, perché in acqua è indispensabile una buona vista. Vogliamo sapere quanto sono alti i genitori e quanto pesano. Preferiamo prendere ragazzi di nove o dieci anni, perché in questo sport si apprende per tentativi e quelli al di sotto dei nove anni sono molto difficili da gestire e imparano lentamente. L’ideale è che assimilino alcune competenze un anno prima della pubertà. Quando entrano nella pubertà, infatti, la loro coordinazione cresce all’improvviso, dunque se hanno già acquisito alcune abilità di base, in quel momento migliorano a vista d’occhio”.

Una passione travolgente

Yang Siqi, 15 anni, ha gareggiato alle Olimpiadi di Parigi, primo cinese della storia. A Tahiti ha affrontato onde colossali insieme ad atleti molto più esperti. Portare uno studente alle Olimpiadi o nelle gare del circuito internazionale è l’obiettivo finale di Zanella e degli altri allenatori. A breve termine il successo si misura in termini di medaglie ai campionati nazionali e ai Giochi nazionali, il più grande evento sportivo del paese che si tiene ogni quattro anni. “Portare un ragazzo fino al podio è un successo enorme”, spiega Zanella. “Le autorità spendono un mucchio di soldi per qualsiasi disciplina che possa regalare una medaglia. Dal 2016 hanno cominciato a trattare il surf come uno sport emergente. Oggi ogni provincia gli dedica una parte del budget”.

Una volta inclusi nel programma, i ragazzi seguono un corso accelerato di nuoto e sopravvivenza, prima di apprendere le tecniche basilari sulla tavola. Ma c’è anche spazio per gli studi convenzionali, in modo da garantire che i potenziali surfisti abbiano una formazione completa. La sicurezza è un elemento su cui Zanella insiste molto, anche perché nel corso della sua vita ha avuto una buona dose d’incidenti. “È uno sport estremo. Un’onda di un metro può scaraventarti la tavola in testa e provocarti una frattura cranica”, spiega. “Ho rischiato di morire diverse volte. Ho avuto spesso paura di annegare, mi sono rotto il timpano tre volte a causa dell’impatto violento con l’acqua e non ricordo più quanti punti di sutura mi hanno dato. È inevitabile. Ho paura solo degli infortuni alla testa e alla colonna vertebrale, oltre che di annegare”.

Se il surf è entrato nella vita di Zanella fin dall’adolescenza trascorsa in Italia, l’incontro con la Cina è stato casuale, grazie a un’insegnante che l’ha fatto appassionare alla mitologia cinese. Fino ad allora Zanella, studente con la capigliatura rasta, combatteva la noia che gli provocava la scuola. “Ho frequentato uno dei licei più rigidi d’Italia”, racconta nel suo libro. “Era un covo di insegnanti reazionari dove l’intellighenzia locale mandava i figli viziati per imparare ‘alla vecchia maniera’. Tutto si basava sulla memoria e sull’umiliazione, non c’era spazio per l’immaginazione. La matematica, il latino, la chimica e la fisica riempivano le settimane. Ero arrivato a odiare tutte quelle materie. L’unico corso che mi interessava era quello di filosofia. Mi ricordo il mio entusiasmo il giorno in cui abbiamo avuto una supplente che si interessava di folclore asiatico. Aveva viaggiato molto e ci raccontò la leggenda di Pangu, mitico creatore della Cina nato dall’uovo del Caos e cresciuto fino a occupare lo spazio tra Di (la Terra) e Tian (il cielo). Per 18mila anni Pangu ha modellato la Terra fino a farle assumere la forma attuale, con l’aiuto di un dragone, di un unicorno, di una fenice e di una tartaruga. Quando morì, i suoi occhi diventarono il Sole e la Luna, mentre il suo corpo si trasformò nella Terra, nei fiumi, nella pioggia e nell’oceano. I suoi parassiti, invece, sono diventati gli esseri umani”.

Nel 1994 quell’interesse si è tradotto in una laurea in lingua e filosofia cinese all’università Ca’ Foscari di Venezia. In seguito sono arrivati i viaggi in Cina e la scoperta che a Hainan era possibile praticare il surf tutto l’anno. Nel 2007 Zanella era andato in Cina come inviato di una rivista specializzata in surf, e quattro anni dopo era pronto a cominciare la sua carriera di allenatore.

La sua amica Darsea Liu, 37 anni, è un’ex surfista professionista che oggi si concentra sull’organizzazione di eventi e sulla sua linea di vestiti sostenibili. Originaria di un villaggio montano nella provincia dell’Hubei, Liu ha scoperto il surf grazie a un ex fidanzato statunitense. Il suo amore per lo sport l’ha condotta fino a Hainan, dove più di dieci anni fa ha incontrato Zanella in occasione di una gara.

“Ci siamo stati simpatici e quando si è trasferito in Cina ci siamo avvicinati. Oggi è come un fratello maggiore”, racconta Liu. “Nik è molto intelligente. Ha avuto un ruolo di primo piano nello sviluppo del surf in Cina. Quando è venuto qui per la prima volta i surfisti erano pochi. Cerca sempre di migliorarsi per poter trasmettere le sue conoscenze ai ragazzi”. Insieme a Liu e ad altri appassionati di surf, Zanella mantiene viva la sua passione e s’infervora quando si parla degli effetti del turismo di massa a Hainan. In passato i visitatori si concentravano nell’area di Sanya, con le sue spiagge poco attraenti e i grandi alberghi, ma la pandemia ha spinto molti aspiranti surfisti a raggiungere le spiagge spettacolari e poco frequentate della parte orientale. Riyue Bay, la più popolare, è ormai sovraffollata, con una battigia trascurata e orde di aggressivi promotori di corsi di surf. Tra gli aspiranti istruttori spesso scoppiano addirittura delle risse. Zanella e i suoi collaboratori soccorrono regolarmente i turisti che si avventurano in mare su materassini di gomma o sono trascinati via dalla corrente.

“Non ho mai fatto soldi né mi sono mai mischiato con il turismo”, assicura Zanella. “Non mi piacciono le persone che vengono a Hainan o vanno in Italia pensando di essere a Disney World, senza avere alcun legame con il territorio. Inquinano l’ambiente con il loro comportamento idiota solo per scattarsi dei selfie […] Però capisco che i locali guadagnano di più spingendo le persone su una tavola da surf che vendendo noodles. Perché mai non dovrebbero farlo?”.

Lui ha fatto una scelta diversa. Il momento più difficile del suo lavoro è quando deve dire a un allievo che non è abbastanza bravo da proseguire, un discorso particolarmente spiacevole se lo studente ha seguito diligentemente i suoi insegnamenti per anni. Ma le abilità e la disciplina apprese a Hainan possono aiutare i ragazzi a ottenere l’accesso alle università sportive e a seguire altri sport acquatici.

“Il surf crea dipendenza. Il corpo produce grandi quantità di endorfine e a volte ti fa vivere momenti d’illuminazione in cui sei completamente in sincronia con ciò che ti circonda”, spiega Zanella, che ama parlare in modo filosofico della sua passione. È passato molto tempo da quella fatale visita al tempio nello Yunnan, e oggi Zanella è una sorta di monaco surfista. “Quando prendi un’onda passi da zero a cento in un secondo. L’onda che cavalchi in quell’istante non si ripeterà mai”. ◆ as

Biografia

1968 Nasce a Ferrara. Negli anni ottanta si trasferisce a Ravenna dove comincia a praticare surf. Negli anni novanta studia mandarino a Venezia.
2010 Viene chiamato dal ministero del turismo della provincia cinese di Hainan per addestrare surfisti per competizioni internazionali. L’anno successivo si trasferisce sull’isola.
2014 Diventa l’allenatore della squadra nazionale cinese di surf.


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Questo articolo è uscito sul numero 1582 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati