All’inizio di Copa 71, un documentario che riscrive la storia dello sport femminile, la celebre calciatrice Brandi Chastain non parla della sua vittoria della coppa del mondo con gli Stati Uniti nel 1999. Comincia invece a guardare una vecchia partita giocata in uno stadio strapieno, cercando di capire di cosa si tratti. “È uno stadio enorme, è una partita maschile”. Poi si ferma. “È una partita tra donne? Com’è possibile? Ma che anno è?”. Una voce fuori campo spiega che siamo nel 1971. “Non ne sapevo niente”, esclama.

Di sicuro Brandi Chastain non è l’unica a non sapere. Pochi ricordano quel torneo di calcio organizzato in Messico nel 1971, vent’anni prima che cominciassero i campionati mondiali femminili. Pochi sanno che di alcune partite furono venduti più di centomila biglietti. Quella competizione – disputata dalle squadre di Messico, Inghilterra, Argentina, Francia, Italia e Danimarca – è uno dei segreti meglio custoditi della storia dello sport.

Una grande opportunità

La riscoperta di quel torneo smentisce il fatto che l’evento sportivo femminile con più spettatori sarebbe una partita di pallavolo universitaria giocata in Nebraska davanti a 92mila persone. Il primato appartiene alla finale del 1971, Messico-Danimarca, giocata all’Azteca di Città del Messico davanti a 112.500 persone.

In ogni caso il documenterio Copa 71, di Rachel Ramsay e James Erskine, prodotto da Serena e Venus Williams insieme ad Alex Morgan, campionessa del mondo con gli Stati Uniti nel 2019, riporta alla vita un torneo che ha avuto un pubblico senza precedenti.

“Abbiamo scoperto l’esistenza di quel torneo durante il lockdown, ma su internet non ce n’era traccia”, ricorda Ramsay. “Non c’era nemmeno su Wikipedia (ora c’è). Era come se quelle partite fossero sparite dalla storia”. Gli autori hanno spulciato gli archivi dei giornali messicani, intervistato persone presenti all’epoca e scovato ritagli, poster e biglietti.

Il torneo si disputò l’anno successivo ai mondiali maschili del 1970, vinti dal Brasile di Pelé. Il gigante messicano delle telecomunicazioni, Televisa, voleva mantenere lo slancio organizzativo dopo la coppa del mondo del 1970 e le Olimpiadi del 1968. Pensò quindi di mettere in piedi una coppa del mondo per le donne.

Copa 71 (Cineagenzia)

In quel periodo il calcio femminile organizzato era vietato o aveva da poco superato i divieti delle istituzioni sportive. Per esempio, nel 1921 la Football association britannica impediva il calcio femminile nei suoi campi. Il bando è stato cancellato solo alla fine del 1971, mentre in Brasile un divieto simile è sopravvissuto fino al 1979. In realtà la Televisa non aveva intenzione di promuovere la parità di genere: fu tutta una questione di soldi. Il calcio femminile offriva grandi potenzialità economiche, ma la Fifa era contraria e aveva minacciato sanzioni. La federazione britannica aveva comunicato che non avrebbe sostenuto la partecipazione di una sua squadra. Ma la Televisa aveva un asso nella manica: l’azienda era proprietaria dello stadio Azteca di Città del Messico e dello stadio Jalisco di Guadalajara. L’emittente, dunque, poteva usarli come voleva. Il problema era riempirli di tifosi.

“Fino a tempi recenti gli esperti di marketing pensavano di dover vendere il calcio femminile alle mamme e alle ragazzine”, spiega Erskine. “Alla fine hanno scoperto che avrebbero dovuto rivolgersi a tutte le persone che amano il calcio, a prescindere dal sesso”.

Nel 1971 la Televisa usò tutta la sua potenza per promuovere l’evento. “È interessante tornare al 1971 e vedere gli spalti pieni di donne, bambini e uomini”, sottolinea Erskine. “È stato un evento nazionale. I messicani, all’epoca, erano orgogliosi per l’organizzazione di grandi eventi che si trasformavano in una fiesta. Così la Copa ebbe un successo strepitoso”. Mettendo da parte i paragoni con il Nebraska, è evidente che lo sport femminile è capace di attirare il grande pubblico quando è promosso adeguatamente e riceve gli investimenti necessari.

“Il problema non è stabilire se una partita sia stata vista dal vivo da 99.621 o 99.672 persone”, spiega Ramsay. “Ciò che conta è la grande partecipazione. Un sacco di persone hanno comprato i biglietti e hanno riempito gli stadi”.

La società allo specchio

In passato l’ex presidente della Fifa Sepp Blatter propose che le giocatrici di calcio indossassero “pantaloncini più aderenti”: idea discutibile, ma certo non originale. Anche alcune innovazioni proposte nel 1971 erano sconfortanti. Ramsay ed Erskine evidenziano alcuni aspetti pubblicitari del torneo che oggi sarebbero inaccettabili. Le giocatrici erano presentate come “belle ragazze” e negli spogliatoi c’era un salone di bellezza “in modo che”, si legge in un articolo pubblicato nel 1971 dal New York Times, “ le calciatrici possano presentarsi alla stampa e nelle cerimonie truccate e con una capigliatura attraente”.

Durante il torneo alcune indossarono pantaloncini attillati (di moda all’epoca), anche se nelle immagini disponibili i calzoncini sono simili a quelli di oggi. Il New York Times era talmente infatuato dall’idea del calcio femminile da scegliere come titolo del suo articolo: “Il calcio diventa sexy a sud del confine”.

L’evento avrebbe meritato un documentario anche solo per la qualità delle partite. Le immagini, infatti, mostrano incontri combattuti, a dimostrazione del fatto che il torneo non era solo una trovata pubblicitaria. Il film racconta anche un contenzioso sui pagamenti (tema ancora attuale) e il sospetto che alcune partite fossero truccate. Ci sono state anche individualità di prim’ordine: la Danimarca vinse la finale per 3-0 grazie a una tripletta di Susanne Augustesen, che aveva 15 anni.

“Per quelle ragazze fu un’esperienza collettiva”, spiega Ramsay. “Venivano dai quattro angoli del pianeta, ma ognuna di loro racconta che da bambina credeva di essere l’unica al mondo a voler giocare a calcio. Poi, in Messico, scoprirono di non essere sole. Questo dimostra fino a che punto le donne si sentissero impotenti. Lo sport è lo specchio della società, e il fatto che la Fifa non abbia voluto riconoscere ufficialmente il torneo è indicativo del pensiero dominante all’epoca. Un atteggiamento generale che è stato mantenuto per decenni. Donne che per cinquant’anni non hanno avuto una voce oggi possono finalmente raccontare la loro storia”. ◆ as

Copa 71 fa parte della rassegna di documentari sul calcio In campo_, organizzata da CineAgenzia e Ultimo Uomo, in collaborazione con Fandango. A partire da metà maggio la rassegna toccherà diverse città italiane. Info: cineagenzia.it_

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1562 di Internazionale, a pagina 79. Compra questo numero | Abbonati