Alle Olimpiadi invernali di Pechino 2022 partecipano sei atleti di cinque paesi africani: Eritrea, Ghana, Madagascar, Marocco e Nigeria. The Continent prende le distanze dal boicottaggio deciso da un gruppo di paesi, Stati Uniti in testa, per protestare contro la persecuzione della minoranza uigura in Cina. Per il settimanale panafricano è una lotta tra “bulli”: “Il Comitato olimpico internazionale (Cio) non sceglie i paesi ospitanti perché rispettano i diritti umani. Chi vuole organizzare i giochi deve solo assicurare di avere soldi a sufficienza. A dicembre il capo del Cio, Thomas Bach, l’ha detto chiaramente: ‘Se cominciassimo a prendere le parti dell’uno o dell’altro, non riusciremmo mai a mettere d’accordo tutti’”. Per ricordare le difficoltà che gli africani devono superare per competere in sport difficilmente praticabili senza neve, The Continent racconta la storia del senegalese Lamine Guèye, il primo sciatore africano a gareggiare alle Olimpiadi invernali, nel 1984 a Sarajevo. Mandato in Svizzera a otto anni, Guèye si appassionò allo sci. A 17 anni tornò in Senegal e lì fondò una federazione sciistica, oggi poco attiva. ◆
Gli atleti africani a Pechino
Fase decisiva
L’8 febbraio si è aperta a Vienna la fase decisiva dei negoziati internazionali sul programma nucleare iraniano. Gli incontri sono stati sospesi per più di una settimana per consentire alle delegazioni di fare consultazioni politiche nei loro paesi. “Da novembre del 2021, quando è cominciato l’ottavo round di colloqui, alcune divergenze sono state appianate”, commenta Al Jazeera, “ma le differenze restano, soprattutto sulle sanzioni che gli Stati Uniti dovranno eliminare”. Washington si era ritirata nel 2018 dall’accordo.
Spiati da Pegasus
Il governo ha annunciato il 7 febbraio che sarà istituita una commissione d’inchiesta per esaminare le rivelazioni sull’uso da parte della polizia del software di spionaggio Pegasus, dell’azienda Nso Group. Secondo il quotidiano economico Calcalist, la polizia ha spiato senza autorizzazione i cellulari di funzionari governativi, sindaci, attivisti e giornalisti, oltre che di alcuni esponenti dello staff dell’ex premier Benjamin Netanyahu. Il giornale spiega che Pegasus non era usato in modo “circoscritto né limitato”, ma era “lo strumento più impiegato per ottenere informazioni”.
Il pozzo della povertà
Il 5 febbraio i mezzi d’informazione di tutto il mondo hanno seguito con apprensione le operazioni di salvataggio di un bambino marocchino, Rayan Oram, 5 anni, rimasto intrappolato per cinque giorni in fondo a un pozzo a Ighrane, vicino a Chefchaouen. I soccorritori hanno portato a termine l’operazione, ma il bambino era già morto ( nella foto i funerali ). “La storia di Rayan ha suscitato profonda tristezza in tutto il mondo arabo perché richiama alla mente la sorte di quei bambini dello Yemen, della Siria e della Palestina che il mondo non è riuscito a salvare”, scrive la giornalista siriana Manhal al Sahwi sul sito Daraj. “Cosa ci serve ancora per renderci conto che i bambini nei paesi arabi soffrono, che sono le prime vittime della violenza, della corruzione, dell’ignoranza e della povertà? Ci chiediamo di cosa è morto Rayan. Ma forse dovremmo chiederci chi ha ridotto alla fame la sua famiglia e l’ha privata dell’accesso all’acqua, costringendo suo padre a scavare un pozzo”.
Lo stallo continua
I politici iracheni non sono riusciti a eleggere un nuovo presidente dopo che i principali partiti hanno boicottato la sessione parlamentare del 7 febbraio. Molti dei deputati che non si sono presentati sono alleati della coalizione del leader sciita Moqtada al Sadr, che è stata la più votata alle elezioni del 10 ottobre 2021. Il boicottaggio è stato deciso dopo che la corte suprema aveva sospeso la candidatura di Hoshyar Zebari, politico curdo ed ex ministro degli esteri sostenuto da Al Sadr, su cui pendono accuse di corruzione. Non è ancora stata fissata la data della nuova sessione parlamentare. “È chiaro che la crisi politica non finirà rapidamente”, avverte il quotidiano Al Mada, “e che Al Sadr non è pronto a fare concessioni”.
Siria Il 3 febbraio gli Stati Uniti hanno annunciato di aver ucciso il capo del gruppo Stato islamico, Abu Ibrahim al Hashimi al Qurayshi, in un’operazione delle forze speciali ad Atme, nella regione di Idlib.
Tunisia Il presidente Kais Saied ha annunciato il 6 febbraio lo scioglimento del consiglio superiore della magistratura, accusando i suoi componenti di non essere imparziali. L’associazione tunisina dei giudici ha indetto uno sciopero nazionale di due giorni, il 9 e 10 febbraio.
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